Natale non può essere solo la festa dei regali, della tavola imbandita, del ritrovarsi insieme. Ma è, o almeno dovrebbe essere, l’occasione per riscoprire lo stupore, la capacità di contemplazione. La preghiera. Cioè l’atteggiamento che hanno i bambini, e chi sa ritornare piccolo, davanti al presepe. Scrive il Papa nella Lettera apostolica “Admirabile Signum”: «Dio si presenta così, in un bambino, per farsi accogliere tra le nostre braccia. Nella debolezza e nella fragilità nasconde la sua potenza che tutto crea e trasforma. Sembra impossibile, eppure è così: in Gesù Dio è stato bambino e in questa condizione ha voluto rivelare la grandezza del suo amore, che si manifesta in un sorriso e nel tendere le sue mani verso chiunque».
Tanti i mistici, i testimoni della fede che nel Natale vedono innanzitutto la grandezza del farsi piccolo, l’invito a crescere insieme al Salvatore. Colui che è venuto al mondo assumendo la fragilità di un bambino. Sant’Agostino in uno dei suoi celebri “Sermoni” osserva:
«Colui che regola il corso delle stelle succhia da un seno di donna: nutre gli angeli, parla nel seno del Padre, tace nel grembo della madre. Ma parlerà quando sarà arrivato in età conveniente, ci annunzierà con pienezza la buona novella. Per noi soffrirà, per noi morirà, risorgerà mostrandoci un saggio del premio che ci aspetta, salirà in cielo alla presenza dei discepoli, ritornerà dal cielo per il giudizio. Colui che era adagiato nella mangiatoia è divenuto debole ma non ha perduto la sua potenza: assunse ciò che non era ma rimase ciò che era. Ecco, abbiamo davanti il Cristo bambino: cresciamo insieme con lui».
(Fonte: Avvenire.it – Riccardo Maccioni)