«Mi ha dato la carta di sua figlia, ora vado da Lagalla, con la speranza che gliela sistemo», diceva Giovanni Lo Sciuto. La “carta” era una «borsa di studio di 6000 euro, vediamo se ci riusciamo, me la gioco tutta, che devo fare, e noi abbiamo la strada aperta». La borsa di studio della figlia di una persona che stava molto a cuore a Lo Sciuto, il dottore Rosario Orlando, già responsabile del centro medico legale dell’Inps e poi componente delle commissioni di invalidità civile, l’uomo chiave per gestire il sistema delle pensioni di invalidità. E Lo Sciuto andò a colpo sicuro, da Lagalla, che oggi è indagato per abuso d’ufficio.
Le intercettazioni raccontano che era stato il compagno di partito Francesco Cascio ad aprire la strada a Lo Sciuto, il 18 marzo: «Francè, ti volevo dire un’altra cosa, ma tu con Lagalla hai rapporti buoni? Dico, eventualmente, siccome io lo conosco, ma non ho rapporti intimi, diciamo nel senso che lo conosco così di… abbiamo parlato qualche volta». E proseguiva: «Eventualmente, non è che per caso tu lo potresti chiamare e mi fissi un appuntamento?». Il 23 marzo, Cascio dava conferma: «Ho parlato con Lagalla. E allora lui questa settimana, tutta la settimana non c’è. Ti aspetta martedì prossimo alle tredici». Per quella borsa di studio c’era un problema di graduatoria: «Motivo per il quale era necessario l’intervento di Lagalla», scrivono i magistrati di Trapani.
Lo Sciuto parlava anche col suo collega deputato regionale Enzo Fontana, a cui chiedeva di sollecitare Lagalla (evidentemente, l’interessamento di Cascio non era bastato): «In poche parole, quella ragazza, mi segui? È la prima degli esclusi, però siccome sono rimasti quattro posti vacanti e li devono riassegnare, mi segui? Siccome io ci tengo a questa cosa ti puoi informare Enzo? Mi fai sta cortesia?».
Fontana rispose poi con un sms: «Sì, mi ha detto che stanno vedendo, insomma stanno vedendo. Capito?».
Il 9 aprile 2015, Lo Sciuto è al rettorato. Alla fine, la borsa di studio arrivò. «Non vi è dubbio, scrive il gip Emanuele Cersosimo — che la condotta di Lagalla sia idonea a configurare il reato di abuso d’ufficio. Indizi su questo capo d’accusa che hanno portato in carcere Lo Sciuto e Orlando. «Nessuna richiesta è stata avanzata nei confronti di Lagalla — scrive il giudice — e di conseguenza non può essere applicata l’opportuna misura cautelare». Per il giudice Lagalla doveva essere arrestato. Lui,invece, dice: «Mi sorregge la serena coscienza di avere sempre ispirato le mie azioni istituzionali a criteri di correttezza e rispetto della legge, nell’esclusivo interesse della cosa pubblica». Ieri si è svolto l’interrogatorio in procura.
(Fonte: Salvo Palazzolo – Repubblica.it)