Mi va di pensare che possa rientrare in questa visione delle cose anche la Pasqua. Molti oggi non sanno neanche cosa significhi questo termine. Eppure tutti si avvalgono del carattere festoso di questi giorni e tutti si adeguano a certi riti, per niente liturgici, che ormai fanno parte delle relazioni sociali. Forse bisognerà attendere qualcosa che, come a Parigi, conferisca una nuova prospettiva a una festa che per i cristiani è decisamente la prima, la più centrale, l’unica necessaria.
E allora è naturale chiedersi se non sia proprio una responsabilità nostra la visione alienante della Pasqua, che privilegia il turismo, il banchetto, i dolci tradizionali, ma non si prende cura di annunciare, vivere e testimoniare la definitiva vittoria della vita sulla morte in Gesù Cristo, morto sepolto e risorto. L’augurio che faccio è, perciò, che come l’esplosione di vita ribaltò la pietra del sepolcro a Gerusalemme, così la carica di vita bella dei cristiani, risorti per grazia, dia una speranza nuova al nostro tempo, facendo trionfare la vita in tutte le realtà nelle quali essa continua a essere osteggiata, crocifissa e sepolta.
Domenico, Vescovo