Il Papa ricevuto in Marocco dal nunzio apostolico Mons. Vito Rallo.
INCONTRO CON IL POPOLO MAROCCHINO, LE AUTORITÀ,
CON LA SOCIETÀ CIVILE E CON IL CORPO DIPLOMATICO
DISCORSO DEL SANTO PADRE
Esplanade de la Tour Hassan (Rabat)
Sabato, 30 marzo 2019
Maestà,
Altezze Reali,
distinte Autorità del Regno del Marocco,
Membri del Corpo diplomatico,
cari amici Marocchini,
As-Salam Alaikum!
Sono felice di calcare il suolo di questo Paese, ricco di molte bellezze naturali, custode di vestigia di antiche civiltà e testimone di una storia affascinante. Desidero anzitutto esprimere la mia sincera e cordiale gratitudine a Sua Maestà Mohammed VI per il suo gentile invito e per la calorosa accoglienza che, a nome di tutto il popolo marocchino, mi ha pocanzi riservato, in particolare per le cortesi parole che mi ha rivolto.
Questa visita è per me motivo di gioia e gratitudine perché mi consente anzitutto di scoprire le ricchezze della vostra terra, del vostro popolo e delle vostre tradizioni. Gratitudine che si trasforma in importante opportunità per promuovere il dialogo interreligioso e la conoscenza reciproca tra i fedeli delle nostre due religioni, mentre facciamo memoria – ottocento anni dopo – dello storico incontro tra San Francesco d’Assisi e il Sultano al-Malik al-Kamil. Quell’evento profetico dimostra che il coraggio dell’incontro e della mano tesa sono una via di pace e di armonia per l’umanità, là dove l’estremismo e l’odio sono fattori di divisione e di distruzione. Inoltre, auspico che la stima, il rispetto e la collaborazione tra di noi contribuiscano ad approfondire i nostri legami di amicizia sincera, per consentire alle nostre comunità di preparare un futuro migliore alle nuove generazioni.
Qui su questa terra, ponte naturale tra l’Africa e l’Europa, desidero ribadire la necessità di unire i nostri sforzi per dare un nuovo impulso alla costruzione di un mondo più solidale, più impegnato nello sforzo onesto, coraggioso e indispensabile di un dialogo rispettoso delle ricchezze e delle specificità di ogni popolo e di ogni persona. Questa è una sfida che tutti siamo chiamati a raccogliere, soprattutto in questo tempo in cui si rischia di fare delle differenze e del misconoscimento reciproco dei motivi di rivalità e disgregazione.
È quindi essenziale, per partecipare all’edificazione di una società aperta, plurale e solidale, sviluppare e assumere costantemente e senza cedimenti la cultura del dialogo come strada da percorrere; la collaborazione come condotta; la conoscenza reciproca come metodo e criterio (cfr Documento sulla fratellanza umana, Abu Dhabi, 4 febbraio 2019). È questa via che siamo chiamati a seguire senza mai stancarci, per aiutarci a superare insieme le tensioni e le incomprensioni, le maschere e gli stereotipi che portano sempre alla paura e alla contrapposizione; e così aprire la strada a uno spirito di collaborazione proficua e rispettosa. È infatti indispensabile opporre al fanatismo e al fondamentalismo la solidarietà di tutti i credenti, avendo come riferimenti inestimabili del nostro agire i valori che ci sono comuni. In questa prospettiva, sono lieto di poter visitare tra poco l’Istituto Mohammed VI per imam, predicatori e predicatrici, voluto da Vostra Maestà, allo scopo di fornire una formazione adeguata e sana contro tutte le forme di estremismo, che portano spesso alla violenza e al terrorismo e che, in ogni caso, costituiscono un’offesa alla religione e a Dio stesso. Sappiamo infatti quanto sia necessaria una preparazione appropriata delle future guide religiose, se vogliamo ravvivare il vero senso religioso nei cuori delle nuove generazioni.
Pertanto, un dialogo autentico ci invita a non sottovalutare l’importanza del fattore religioso per costruire ponti tra gli uomini e per affrontare con successo le sfide precedentemente evocate. Infatti, nel rispetto delle nostre differenze, la fede in Dio ci porta a riconoscere l’eminente dignità di ogni essere umano, come pure i suoi diritti inalienabili. Noi crediamo che Dio ha creato gli esseri umani uguali in diritti, doveri e dignità e che li ha chiamati a vivere come fratelli e a diffondere i valori del bene, della carità e della pace. Ecco perché la libertà di coscienza e la libertà religiosa – che non si limita alla sola libertà di culto ma deve consentire a ciascuno di vivere secondo la propria convinzione religiosa – sono inseparabilmente legate alla dignità umana. In questo spirito, abbiamo sempre bisogno di passare dalla semplice tolleranza al rispetto e alla stima per gli altri. Perché si tratta di scoprire e accogliere l’altro nella peculiarità della sua fede e di arricchirsi a vicenda con la differenza, in una relazione segnata dalla benevolenza e dalla ricerca di ciò che possiamo fare insieme. Così intesa, la costruzione di ponti tra gli uomini, dal punto di vista del dialogo interreligioso, chiede di essere vissuta sotto il segno della convivialità, dell’amicizia e, ancor più, della fraternità.
La Conferenza internazionale sui diritti delle minoranze religiose nel mondo islamico, tenutasi a Marrakech nel gennaio 2016, ha affrontato tale questione. E mi rallegro che essa abbia permesso di condannare qualsiasi uso strumentale di una religione per discriminare o aggredire le altre, sottolineando la necessità di andare oltre il concetto di minoranza religiosa in favore di quello di cittadinanza e del riconoscimento del valore della persona, che deve rivestire un carattere centrale in ogni ordinamento giuridico.
Considero anche un segno profetico la creazione dell’Istituto Ecumenico Al Mowafaqa, a Rabat, nel 2012, per iniziativa cattolica e protestante in Marocco, Istituto che vuole contribuire alla promozione dell’ecumenismo, come pure del dialogo con la cultura e con l’Islam. Questa lodevole iniziativa esprime la preoccupazione e la volontà dei cristiani che vivono in questo Paese di costruire ponti per manifestare e servire la fraternità umana.
Sono tutti percorsi che fermeranno la «strumentalizzazione delle religioni per incitare all’odio, alla violenza, all’estremismo o al fanatismo cieco e porranno fine all’uso del nome di Dio per giustificare atti di omicidio, esilio, terrorismo e oppressione» (Documento sulla fratellanza umana, Abu Dhabi, 4 febbraio 2019).
Il genuino dialogo che vogliamo sviluppare ci porta anche a prendere in considerazione il mondo in cui viviamo, la nostra casa comune. Pertanto, la Conferenza internazionale sui cambiamenti climatici, COP 22, tenutasi pure qui in Marocco, ha attestato ancora una volta la presa di coscienza di molte Nazioni della necessità di proteggere il pianeta in cui Dio ci ha posto a vivere e di contribuire a una vera conversione ecologica per uno sviluppo umano integrale. Esprimo apprezzamento per tutti i passi avanti compiuti in questo campo e mi rallegro della messa in atto di una vera solidarietà tra le Nazioni e i popoli, al fine di trovare soluzioni giuste e durature ai flagelli che minacciano la casa comune e la sopravvivenza stessa della famiglia umana. È insieme, in un dialogo paziente e prudente, franco e sincero, che possiamo sperare di trovare risposte adeguate, per invertire la curva del riscaldamento globale e riuscire a sradicare la povertà (cfr Enc. Laudato si’, 175).
Ugualmente, la grave crisi migratoria che oggi stiamo affrontando è per tutti un appello urgente a cercare i mezzi concreti per sradicare le cause che costringono tante persone a lasciare il loro Paese, la loro famiglia, e a ritrovarsi spesso emarginate, rifiutate. Da questo punto di vista, sempre qui in Marocco, lo scorso dicembre, la Conferenza intergovernativa sul Patto mondiale per una migrazione sicura, ordinata e regolare ha adottato un documento che vuole essere un punto di riferimento per l’intera comunità internazionale. Nello stesso tempo, è vero che resta ancora molto da fare, specialmente perché occorre passare dagli impegni presi con quel documento, almeno a livello morale, ad azioni concrete e, specialmente, ad un cambiamento di disposizione verso i migranti, che li affermi come persone, non come numeri, che ne riconosca nei fatti e nelle decisioni politiche i diritti e la dignità. Voi sapete quanto ho a cuore la sorte, spesso terribile, di queste persone, che, in gran parte, non lascerebbero i loro Paesi se non fossero costrette. Spero che il Marocco, che con grande disponibilità e squisita ospitalità ha accolto quella Conferenza, vorrà continuare ad essere, nella comunità internazionale, un esempio di umanità per i migranti e i rifugiati, affinché essi possano essere, qui, come altrove, accolti con umanità e protetti, si possa promuovere la loro situazione e vengano integrati con dignità. Quando le condizioni lo consentiranno, essi potranno decidere di tornare a casa in condizioni di sicurezza, rispettose della loro dignità e dei loro diritti. Si tratta di un fenomeno che non troverà mai una soluzione nella costruzione di barriere, nella diffusione della paura dell’altro o nella negazione di assistenza a quanti aspirano a un legittimo miglioramento per sé stessi e per le loro famiglie. Sappiamo anche che il consolidamento di una vera pace passa attraverso la ricerca della giustizia sociale, indispensabile per correggere gli squilibri economici e i disordini politici che sono sempre stati fattori principali di tensione e di minaccia per l’intera umanità.
Maestà e Onorevoli Autorità, cari amici! I cristiani si rallegrano per il posto fatto loro nella società marocchina. Essi vogliono fare la loro parte nell’edificazione di una nazione solidale e prospera, avendo a cuore il bene comune del popolo. Da questo punto di vista, l’impegno della Chiesa Cattolica in Marocco, nelle sue opere sociali e nel campo dell’educazione attraverso le sue scuole aperte agli studenti di ogni confessione, religione e origine, mi sembra significativo. Per questo, mentre rendo grazie a Dio per il cammino fatto, permettetemi di incoraggiare i cattolici e i cristiani ad essere qui, in Marocco, servitori, promotori e difensori della fraternità umana.
Maestà, distinte Autorità, cari amici! Vi ringrazio ancora una volta, così come tutto il popolo marocchino, per la vostra accoglienza così calorosa e per la vostra cortese attenzione. Shukran bi-saf! L’Onnipotente, clemente e misericordioso, vi protegga e benedica il Marocco! Grazie.
DISCORSO DEL RE DEL MAROCCO
Lode a Dio, preghiera e salvezza sul Profeta, sulla Sua famiglia e sui Suoi compagni.
Sua Santità,
Eccellenze, Signore e Signori,
Questo giorno è eccezionale. Eccezionale perché segnato dall’arrivo di Sua Santità Papa Francesco I. Eccezionale anche perché mi ricorda la storica visita di Papa Giovanni Paolo II in Marocco.
La venuta del Sommo Pontefice si iscrive nella continuità dei rapporti di lunga data tra il Marocco e il Vaticano.
Abbiamo voluto che la data e il luogo riflettessero la sua profondità simbolica, il suo significato storico e l’importanza della civiltà.
Il luogo di apertura, passaggio e mescolamento che ci accoglie oggi, è di per sé il simbolo di un equilibrio armonioso.
Giustamente situato sul punto di incontro tra il fiume Bouregreg e l’Oceano Atlantico, si trova sull’asse che collega la Moschea di Al-Koutoubia di Marrakech e la Giralda di Siviglia, e costituisce un punto di collegamento, spirituale, architettonico e culturale tra l’Africa e l’Europa.
Volevamo anche che la Sua visita coincidesse con il mese benedetto di Rajab.
Fu in quel tempo Santo che l’Islam e il Cristianesimo conobbero uno degli episodi più emblematici della loro storia: su ordine del Profeta Maometto, la Pace e la Salvezza siano su di lui, i Musulmani in fuga dalle persecuzioni, lasciarono la Mecca e trovato rifugio presso il Negus, il Re Cristiano di Abissinia.
Questo fu il primo atto di accoglienza e conoscenza reciproca tra religioni musulmana e cristiana.
Ed è anche questo atto di conoscenza reciproca, tracciato nella posterità, che commemoriamo oggi.
Sua Santità,
Eccellenze, Signore e Signori,
La visita di Sua Santità in Marocco arriva in un contesto di sfide per la Comunità delle Nazioni, la comunità di tutti i Credenti.
Dobbiamo combattere i mali di un’altra epoca che si nutrono del tradimento e della strumentalizzazione del Messaggio Divino sostenendo la negazione dell’Altro e altre teorie scellerate.
In questo mondo alla ricerca di punti di riferimento, il Regno del Marocco non ha mai cessato di proclamare, insegnare e vivere quotidianamente la Fraternità dei figli di Abramo – pilastro fondatore della ricchissima diversità della civiltà marocchina.
L’unione di tutti i Marocchini, al di là delle confessioni, è un esempio eloquente.
Questa simbiosi è la nostra realtà. Essa si traduce nelle moschee, chiese e sinagoghe che, da sempre, coesistono nelle città del Regno.
Noi, Re del Marocco, Amir Al Mouminine, facciamo da garanti del libero esercizio dei culti. Siamo il Comandante di tutti i credenti.
Come Comandante dei Credenti, non posso parlare della Terra dell’Islam come se ci fossero solo musulmani. Vigilo, in effetti, sul libero esercizio delle religioni del Libro e lo garantisco. Proteggo gli ebrei marocchini e i cristiani di altri paesi che vivono in Marocco.
Sua Santità,
Eccellenze, Signore e Signori,
Non abbiamo mai smesso di cercare Dio oltre il silenzio, oltre le parole e al di là del conforto dei dogmi, affinché le nostre religioni restino ponti privilegiati e illuminati e affinché siano lezioni e messaggi dell’Islam delle luci.
Il dialogo tra le religioni abramitiche è chiaramente insufficiente nella realtà di oggi. Nel momento in cui i paradigmi si trasformano, ovunque e su tutto, anche il dialogo interreligioso deve cambiare.
Il dialogo basato sulla “tolleranza” ha richiesto un tempo molto lungo e articolato, senza tuttavia raggiungere il suo fine. Le tre religioni abramitiche non esistono per tollerarsi, per rassegnazione fatalistica o accettazione altezzosa.
Esse esistono per aprirsi l’una all’altra e per conoscersi, in una coraggiosa gara per farsi del bene a vicenda:
“O uomini, vi abbiamo creato da un maschio e una femmina e abbiamo fatto di voi popoli e tribù, affinché vi conosceste a vicenda. Presso Allah, il più nobile di voi è colui che più Lo teme. In verità Allah è sapiente, ben informato”, Sacro Corano.
I radicalismi, siano essi religiosi o meno, sono basati sulla non conoscenza dell’altro, sull’ignoranza dell’altro, sull’ignoranza in generale.
La “co-conoscenza” è una negazione di tutte le forme di radicalismo. Ed è questa co-conoscenza che ci permetterà di affrontare le sfide del nostro presente tormentato.
“Ad ognuno di voi abbiamo assegnato una via e un percorso. Se Allah avesse voluto, avrebbe fatto di voi una sola comunità. Vi ha voluto però provare con quel che vi ha dato. Gareggiate in opere buone”, Sacro Corano.
Per far fronte al radicalismo, la risposta non è né militare né finanziaria; ha un solo nome: Istruzione.
La mia difesa dell’istruzione è una requisitoria contro l’ignoranza: sono le concezioni binarie e la non conoscenza che minacciano le nostre civiltà. Mai la religione.
Ecco perché oggi, in quanto Comandante dei Credenti, chiedo che sia restituita alla religione il posto che le appartiene nell’istruzione.
Ecco perché Mi è impossibile parlare ai giovani senza metterli in guardia dai fenomeni di radicalizzazione e di ingresso nella violenza.
Ciò che tutti i terroristi hanno in comune non è la religione, ma è proprio l’ignoranza della religione.
È tempo che la religione non sia più un alibi per gli ignoranti, per questa ignoranza, per questa intolleranza.
Perché la religione è Luce, Conoscenza, Saggezza. È anche sinonimo di Pace, nell’auspicio di sostituire battaglie più nobili e serene alla corsa per le armi e altre follie.
Così abbiamo istituito la Fondazione Mohammed VI degli Ulema.
Allo stesso modo, abbiamo risposto favorevolmente alle richieste di diversi paesi africani ed europei e accogliamo con favore i loro giovani presso l’Istituto Mohammed VI per la formazione degli Imam, dei Mourchidine e delle Mourchidates.
Sua Santità,
Eccellenze, Signore e Signori,
In quanto Comandante dei Credenti, condivido con il Santo Padre la convinzione di una spiritualità attiva al servizio del bene comune.
La spiritualità non è fine a se stessa. La Nostra fede si traduce in azioni concrete. Essa ci insegna ad amare il nostro prossimo. Ci insegna ad aiutarlo.
È una realtà essenziale: Dio perdona. “إن الله غفور رحيم”. Perché Dio è misericordia, abbiamo posto la generosità e l’indulgenza nel cuore della Nostra azione.
Poiché Dio è amore, abbiamo cercato di rendere il Nostro regno una testimonianza di prossimità, al capezzale dei più poveri e più vulnerabili.
Questo è lo spirito dell’Iniziativa Nazionale per lo Sviluppo Umano (INDH) che abbiamo avviato 14 anni fa, per migliorare la vita delle persone in situazioni precarie o fragili, per integrare gli esclusi, per fornire un rifugio per i senzatetto e per dare a tutti questi diseredati la fede in un degno futuro.
Questa è anche la filosofia della politica di immigrazione e asilo che abbiamo messo in atto; la vogliamo, innanzitutto, solidale.
È in linea con il Patto di Marrakech, adottato dalla comunità internazionale lo scorso 10 dicembre.
Sua Santità,
Eccellenze, Signore e Signori,
Il nostro incontro consacra una convinzione condivisa: i valori della religione monoteista contribuiscono alla razionalizzazione, alla riconciliazione, al miglioramento dell’ordine mondiale.
Come Comandante dei Credenti, insorgo, come voi, contro l’indifferenza in tutte le sue forme e plaudo al coraggio dei Leader che non rifuggono dalle grandi questioni del nostro tempo.
Stiamo seguendo con interesse e considerazione gli sforzi compiuti da Sua Santità al servizio della pace mondiale, così come i Suoi continui appelli all’istruzione, al dialogo, alla cessazione della violenza e alla lotta contro la povertà, la corruzione, il cambiamento climatico, i mali che affliggono le società.
Poiché siamo, rispettivamente, Comandanti dei Credenti e Santo Padre, dobbiamo dare prova di idealismo e pragmatismo, dobbiamo essere realistici ed esemplari.
I nostri messaggi sono tanto attuali quanto eterni. Invitano le persone ad abbracciare i valori della moderazione, a realizzare gli imperativi della co-conoscenza e a cogliere la consapevolezza dell’alterità.
Così facendo, consegniamo, Sua Santità, “una parola comune tra noi e voi”. Questa parola non è un accordo ristretto e riduttivo.
Questa Parola, la concepiamo – la viviamo – come un Messaggio comune, un messaggio che Musulmani, Cristiani ed Ebrei inviano all’umanità intera.
Questo è ciò che Ci unisce oggi e ciò che Ci deve unire domani.
Wassalamou alaikoum warahmatoullahi wabarakatouh”.
APPELLO
DI SUA MAESTÀ IL RE MOHAMMED VI
E DI SUA SANTITÀ PAPA FRANCESCO
SU GERUSALEMME / AL QODS CITTÀ SANTA E LUOGO DI INCONTRO
In occasione della visita al Regno del Marocco, Sua Santità Papa Francesco e Sua Maestà il Re Mohammed VI, riconoscendo l’unicità e la sacralità di Gerusalemme / Al Qods Acharif e avendo a cuore il suo significato spirituale e la sua peculiare vocazione di Città della Pace, condividono il seguente appello:
«Noi riteniamo importante preservare la Città santa di Gerusalemme / Al Qods Acharif come patrimonio comune dell’umanità e soprattutto per i fedeli delle tre religioni monoteiste, come luogo di incontro e simbolo di coesistenza pacifica, in cui si coltivano il rispetto reciproco e il dialogo.
A tale scopo devono essere conservati e promossi il carattere specifico multi-religioso, la dimensione spirituale e la peculiare identità culturale di Gerusalemme / Al Qods Acharif.
Auspichiamo, di conseguenza, che nella Città santa siano garantiti la piena libertà di accesso ai fedeli delle tre religioni monoteiste e il diritto di ciascuna di esercitarvi il proprio culto, così che a Gerusalemme / Al Qods Acharif si elevi, da parte dei loro fedeli, la preghiera a Dio, Creatore di tutti, per un futuro di pace e di fraternità sulla terra».
Rabat, 30 marzo 2019
S.M. il Re Mohammed VI Amir al Mouminine |
S.S. Papa Francesco |