Una carriera da oca giuliva, in realtà un talento comico raro, ma soprattutto una vita sfortunata. Isabella Biagini è morta a Roma a 74 anni all’Antea Hospice dove era ricoverata da circa un mese. Dal 2016 viveva con una pensione da 700 euro, all’inizio del 2017 era stata sfrattata, poi un incidente, quell’auto che l’aveva travolta mentre lei cercava di raggiungere il proprio cane. Lo scorso novembre un’ischemia. Ma tutto questo è nulla rispetto al dolore più grande che la vita aveva riservato all’attrice, la morte della figlia Monica, portata via da un tumore fulminante nel 1999, culmine di una vita privata segnata da relazioni sballate, lutti, separazioni. E’ in quel momento che Isabella – vero nome Concetta Biagini – aveva smesso di vivere.
Una vita in nero e una carriera sfavillante. Isabella era tutta lustrini, ampie scollature, fisico generoso (sua la copertina di Playmen edizione del decennale) e occhi sgranati ma riusciva in un’impresa che le showgirl a venire se la sarebbero sognata: essere sexy e divertente, appariscente e spiritosa, bella e autoironica. Faceva ridere. Anzi, faceva ride, perché la componente di romanità è sempre stata un valore aggiunto in una carriera fatta soprattutto di comicità.
Tutto comincia nel 1955 quando Antonioni le affida una piccola parte in Le amiche, ma la strada le si mostra davvero quando si presenta a un concorso per annunciatrici tv conciata da “fatalona” e a tal punto diverte chi la sta a sentire che di lì a breve viene ingaggiata per un ruolo comico. Fra gli anni Sessanta e la fine dei Settanta il clou al cinema: recita in tanti film, prevalentemente commedie, riproponendo al pubblico il fortunato cliché della svampita procace. Lavora con Salce e Steno, Bruno Corbucci e Arbore e Tinto Brass, Gillo Pontecorvo la vuole per un corto, Nostalgia di protezione, nel ’97. Per la gran parte sono titoli trashissimi, che oggi fanno sorridere e che in certi casi sono diventati oggetto di culto per un drappello di appasionati, Maria Rosa la guardona e Crash! Che botte… Strippo strappo stroppio, Atti impuri all’italiana e Il ginecologo della mutua o La cameriera seduce i villeggianti. L’ultima sua volta davanti alla macchina da presa è con Antonello Fassari nel 2000, Il segreto del giaguaro.
Più che al cinema, è nel varietà televisivo che Isabella Biagini può dimostrare al pubblico un talento insospettato: canta, balla, conduce, imita alla perfezione Mina, Ornella Vanoni, Anna Magnani. Inizia nel 1968 con il Quartetto Cetra in Non cantare, spara, poi è la volta di Sim, sala, bim – Special nel ’76, due anni dopo è fra le “vedette” di Bambole, non c’è una lira, il fortunato varietà in onda sulla Rete 1 che riproponeva al pubblico una sorta di avanspettacolo, mentre è una delle “4 ragazze 4” in C’era una volta Roma, sulla Rete 2, un prodotto della squadra del Bagaglino in cui si rivisitavano in chiave comica gli eventi più famosi che avevano avuto come protagonista e teatro la Città Eterna.
All’inizio degli anni Ottanta il lavoro comincia a scarseggiare, salvo alcune partecipazioni (con Arbore in Cari amici vicini e lontani e con Walter Chiari in Tv Story) per Isabella Biagini non c’è più spazio in tv. Nel ’92 ci riprova partecipando al programma di Marta Flavi Agenzia matrimoniale in veste di “cuore solitario”, i detrattori le danno addosso accusandola di volersi solo fare pubblicità in un momento di declino professionale. Ancora qualche anno e sarebbe arrivata la mannaia, la perdita dell’amata figlia avuta dal primo matrimonio (quello che lei definiva “riparatore”, era poco più che adolescente, dal quale nacque Monica, “la cosa più bella della mia vita”). È lì che Isabella Biagini è tornata a essere Concetta dimenticando il passato, la propria storia e tutto quel che era stato; è in quel momento che ha varcato l’ingresso del tunnel, per non uscirne mai più.
(Fonte: Repubblica.it)