La prima norma è quella di uccisione di un animale. Essa stabilisce che chiunque per «crudeltà» o «senza necessità» cagiona la morte di un animale è punto con la reclusione da quattro mesi a due anni.
Come detto, il reato scatta solo se l’uccisione avviene con crudeltà o non necessità. Questo significa che ci deve essere malafede o, per dirla in termini giuridici, il “dolo”. Quindi, chi investe un cane perché non lo ha visto o non è riuscito a schivarlo, pur se circolava violando le più elementari regole di prudenza del codice della strada (ad esempio a causa di una andatura elevata e non commisurata al tipo di strada), non è punibile penalmente (al massimo subirà la multa per eccesso di velocità). La norma tutela l’intenzione di “schiacciare” l’animale, non invece la colpa. Nel concetto di crudeltà rientrano motivi abietti o futili, il compiacimento nel vederlo morire, una particolare insensibilità o l’infliggere tortura o violenza senza motivo.
La seconda norma è quella di uccisione o danneggiamento di animali altrui. Qui ad essere tutelato non è l’animale in sé ma il patrimonio del suo proprietario. Pertanto, il reato non scatta se il cane è randagio. Difatti, la norma del codice punisce chiunque uccide animali «che appartengono ad altri». Se il cane non appartiene a nessuno, l’uccisione – anche se effettuata con crudeltà – non può essere punita né a livello penale, né civile, né amministrativo. Non ci sarà certo una causa di risarcimento del danno intentata dagli eredi del cane, né tantomeno il Comune si costituirà in un giudizio per ottenere la pulizia del manto stradale sporcato dal sangue.
Anche in questo caso, poi, il reato scatta solo se c’è il dolo e non per la semplice colpa.
Abbiamo appena detto che uccidere il cane di un’altra persona, mentre attraversa la strada, non è reato se non c’è volontà di farlo. Tuttavia, ciò non toglie che si debba il risarcimento del danno al proprietario, risarcimento che coinvolge sia la sfera economica (la perdita per il valore dell’animale e il prezzo corrisposto per il suo acquisto), sia la sfera affettiva (il danno non patrimoniale per il dolore e la sofferenza conseguenti alla scomparsa di un essere ritenuto “senziente” e di compagnia).
È pur vero che gli animali, per il nostro codice civile, sono considerati ancora oggetti ma per quello penale sono “oggetti” con un valore superiore rispetto agli altri beni.
Potrebbe però succedere che l’investimento del cane sia stato determinato da una condotta imprevedibile dell’animale che ha attraversato all’improvviso la strada o è sfuggito di mano al padrone. Potrebbe anche succedere che, in una occasione del genere, l’automobilista, per non investire il quadrupede, abbia fatto un incidente stradale. Chi lo risarcisce? Non certo l’assicurazione, non essendovi un responsabile alla guida di un altro veicolo. Dovrà essere allora il proprietario del cane. Quest’ultimo, addirittura, è tenuto a prestare soccorso e, se si allontana senza farlo, commette il reato di fuga. Sicché può essere incriminato.
Il titolare dell’animale è infatti responsabile – a prescindere da propria colpa – per tutti i danni da questo causati, salvo riesca a dimostrare di non aver potuto impedire il fatto. Sicuramente, il fatto che il cane sia fuggito dal cancello, abbia oltrepassato il recinto o abbia strattonato il padrone che lo portava al guinzaglio non sono valide ragioni per escludere la responsabilità e invocare il “caso fortuito”.
Veniamo ora al caso in cui un automobilista compia un incidente stradale a causa di un cane randagio che attraversa la strada all’improvviso, rendendo impossibile evitare lo schianto. La Cassazione ha ormai sposato un orientamento assai rigido a riguardo, escludendo la responsabilità della pubblica amministrazione per non aver predisposto il sistema di prevenzione del randagismo con gli accalappiacani. Solo se l’incidentato riesce a dimostrare – cosa davvero difficilissima da fare – che il Comune era stato avvisato della presenza di quello specifico cane randagio nel luogo ove si è verificato il sinistro si può sperare in un risarcimento”.