La Corte d’Appello di Abu Dhabi, negli li Emirati Arabi, ha confermato la condanna a morte di un uomo pakistano accusato di aver violentato e ucciso il nipotino di 11 anni. Il corpo del ragazzo è stato trovato sul tetto del suo edificio nel maggio 2017, con il Corano al fianco. Il piccolo Azan Majid Janjua è stato rapito dalla moschea ad Abu Dhabi durante il Ramadan dopo aver passato il pomeriggio a pregare. Il suo carnefice ha camuffato il proprio volto con il burqa, il tradizionale velo che indossano le donne islamiche e che copre volto e corpo. L’uomo, infatti, era a conoscenza del fatto che difficilmente il piccolo si sarebbe allontanato con un uomo, mentre, al contrario, una donna avrebbe sicuramente carpito la sua fiducia.
Il delitto
La violenza, presumibilmente, è stata consumata proprio sul tetto dove il corpo di Azan è stato trovato seminudo e con una corda al collo, l’indomani da alcuni tecnici giunti per una riparazione. Il ragazzo era stato notato da alcuni testimoni mentre si allontanava dalla Moschea e da allora risultava scomparso. Il suo carnefice è stato identificato appena 48ore dopo dopo in Mohsen Bilal, 34 anni, del Pakistan, legato alla famiglia del piccolo.
L’epilogo
L’uomo ha confessato l’atroce delitto ed è stato giudicato e condannato alla pena di morte, reato previsto un crimine del genere. L’accusa ha definito L’accusato, definito Mohsen Bilal, 34 anni, dal Pakistan “una bestia selvaggia”.
(Fonte: Fanpage.it – Angela Marino)