Il 26 dicembre di 15 anni fa il terremoto di Sumatra: una scossa di magnitudo 9.1 generò un violentissimo tsunami che causò circa 250 mila morti. L’impatto di quel fenomeno devastante è stato così forte che da allora è cambiato il sistema di monitoraggio e allerta dei maremoti, anche in Italia.
“Avendo ucciso oltre 200 mila persone e fatto danni per parecchie decine di miliardi di dollari, quell’evento ha stimolato la comunità scientifica e gli apparati governativi a dotarsi di strumenti di monitoraggio e allerta per il rischio da maremoti” ha detto all’ANSA il presidente dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv), Carlo Doglioni.
“Anche a seguito di quell’evento, in Italia – ha aggiunto – è stato istituito presso l’Ingv di Roma, in accordo con la Protezione Civile Nazionale, il Centro Allerta Tsunami che ha la sala operativa h24 e sorveglia il Mediterraneo e il Nord Atlantico dal rischio maremoto”. La scossa, che si verificò alle 7.59 (ora locale) del 26 dicembre 2004, è stata la terza più potente degli ultimi 60 anni, dopo il terremoto in Cile nel ’60 (magnitudo 9.5) e quello dell’Alaska del ’64 (9.2). L’epicentro fu nell’Oceano indiano, al largo dell’isola indonesiana di Sumatra, dove il fondale marino si sollevò, generando onde anomale che viaggiarono per migliaia di chilometri, raggiungendo le coste di 14 Paesi di 3 continenti, compresa l’Africa. Nella tragedia morirono anche 40 italiani, tra Thailandia e Sri Lanka.
Quel sisma, ha osservato il presidente dell’Ingv, “è stato una lezione da ogni punto di vista, sia scientifico che sociale: ci ha insegnato molto sul fenomeno tsunami, che è stata la parte più drammatica per il grande numero di vittime”. Inoltre, ha proseguito, “abbiamo studiato, come mai era avvenuto in passato quando la rete di sismometri era più rarefatta e mancavano i dati satellitari, un terremoto di dimensioni catastrofiche rare, come ne accadono ogni 10-30 anni, di magnitudo superiore a 9, che ha rotto un piano di faglia lungo oltre 1200 chilometri, a una velocità di circa 2 chilometri al secondo, impiegando quasi 10 minuti per completarsi. Banchi corallini sulla costa si alzarono oltre il pelo dell’acqua anche di mezzo metro. Le onde dello tsunami raggiunsero altezze che in alcuni punti superarono anche i 20 metri. Dopo 25 minuti raggiunsero Sumatra, due ore dopo la Thailandia”.
Fonte: Ansa.it