Molti italiani hanno contato i giorni che li avrebbero condotti alla fine della quarantena, in trepida attesa di poter uscire e riprendere la vita là dove si era fermata due mesi fa; altri invece stanno sperimentando paure e ansia all’idea di uscire dal confinamento forzato a cui si sono abituati e non hanno alcuna voglia di farlo.
Cos’è la “Sindrome della capanna” (o del prigioniero)? La “Sindrome della capanna” non è un vero e proprio disturbo (mancano infatti studi clinici e letteratura specifici a riguardo), ma un termine che si riferisce alla voglia di continuare a rimanere nel proprio rifugio e a non voler uscire da esso. Sono infatti stati evidenziati molti casi, a partire dai primi del ‘900 e in situazioni assai diverse tra loro, di persone che dopo lunghi periodi di ricovero o di clausura hanno sviluppato insicurezze, paura e ansia verso il mondo esterno. Si manifesta attraverso letargia, difficoltà di concentrazione e scarsa memoria, demotivazione, assunzione di cibi o bevande specifici per placare l’ansia, tristezza, ansia, angoscia e, appunto, paura di uscire.
Le nostre case in questo periodo sono diventate dei rifugi in cui sentirci sicuri e poter rifuggire dal virus, luoghi in cui ci siamo abituati a routines che dovremmo abbandonare e modificare nuovamente per reinserirci nel mondo che percepiamo ora come fonte di insicurezze, paure e incertezze.
Non siamo più abituati ad uscire, ciò che ci circonda non è totalmente come lo ricordavamo e si sviluppa la tendenza ad immaginare gli scenari peggiori, che alimentano le nostre paure: paura della malattia, del contagio, degli altri, di prendere delle decisioni, di avere una vita non scandita da decreti o dalle autorità. Queste paure per alcuni di noi sono più forti del confinamento in piccoli spazi.
Anche chi ha vissuto positivamente la quarantena, riappropriandosi di un tempo più rilassato rispetto ai ritmi frenetici precedenti e godendo degli spazi in famiglia e in casa, potrebbe essere titubante all’idea di riprendere lo stesso stile di vita e la quotidianità vissuti prima dell’emergenza sanitaria.
Cosa fare allora se manifestiamo la “Sindrome della capanna”? Precisiamo innanzitutto che la paura di per sé non è un’emozione negativa: ci conduce a condotte più responsabili e ad una maggiore riflessione prima di una scelta,ci aiuta a rispettare le norme sanitarie e di evitamento del contagio.
Dobbiamo dunque accettarla e cercare di superarla, in quanto il suo superamento ci farà sentire più sicuri di noi stessi e delle nostre risorse emotive, e parallelamente porteremo con noi la responsabilità e le precauzioni più giuste.
Se la paura diventasse paralizzante, però, possiamo attuare alcune piccole strategie:
- cerchiamo di mantenere un ambiente sereno in casa: proteggere noi e i nostri cari significa anche mantenere un clima rilassato per evitare di condizionare gli altri membri della famiglia trasmettendo loro i nostri dubbi e la nostra ansia;
- proviamo ad avere una maggiore fiducia nel nostro buon senso e nel sistema sanitario: sviluppare la malattia non è una certezza, bensì una probabilità, e come tale può essere pressoché annullata se adottiamo le giuste precauzioni ed evitando comportamenti sconsiderati che porterebbero ad una maggiore diffusione del virus. E’ molto importante ricordare, inoltre, che si trovi una strada per convivere con il virus, focalizzandoci sul fatto che tantissime persone hanno superato la malattia stando in casa con sintomi lievi e che altre sono state prontamente curate dal personale sanitario e che medici e scienziati di tutto il mondo stanno collaborando per la creazione di un vaccino, che speriamo non tardi ad arrivare;
- programmiamo una routine giornaliera che preveda di uscire di casa ad orari stabiliti, aumentando gradualmente il tempo che dedichiamo a questa uscita. Restare in casa infatti potrebbe alimentare costantemente la nostra paura e creare problemi maggiori in seguito (come sviluppare l’Agorafobia, ad esempio): cerchiamo di riappropriarci del mondo a piccole dosi, e di riadattarci a lui,con le giuste precauzioni, provando a sentirlo di nuovo nostro.
Se la paura e la situazione di disagio dovesse persistere potrebbe essere utile rivolgersi ad uno psicologo per poter meglio affrontare questo delicato momento, per evitare che stress e ansia indeboliscano anche il nostro corpo e il nostro sistema immunitario.
Dott.ssa Alessia Zappavigna -Psicologa