L’attenzione selettiva consiste nella capacità di selezionare e, per l’appunto, prestare attenzione ad un solo stimolo presente nel proprio ambiente. Questo processo di tipo top-down può quindi essere considerata come un “filtro” in grado di selezionare le informazioni in entrata, decidendo quali debbano essere elaborate, perché rilevanti ai fini di un compito, e quali, al contrario, ignorate perché irrilevanti.
Generalmente, l’attenzione selettiva viene studiata tramite paradigmi di tipo visivo, come ad esempio il compito di ricerca visiva (visual search), nel quale si richiede di valutare il più rapidamente possibile la presenza o meno di uno stimolo target all’interno di un pattern più o meno variegato di stimoli.
Si tende spesso a considerare i bambini come carenti in molte abilità, soprattutto se paragonati al livello di efficienza cognitiva degli adulti, ma, a volte, quello che superficialmente può apparire come una mancanza può invero rappresentare un vantaggio.
I bambini, con la loro estrema curiosità e la tendenza ad esplorare tutto ciò che li circonda, presentano un meccanismo attentivo notevolmente distribuito e diviso, anche quando viene chiesto loro di focalizzarsi su un solo aspetto ben specifico dell’ambiente.
Questo meccanismo, a volte, può però risultare utile e vantaggioso. Infatti, per quanto l’attenzione selettiva porti con sé numerosi benefici, tra i quali la capacità di elaborare le informazioni selezionate in modo veloce ed efficiente, essa comporta anche una serie di costi estremamente rilevanti, come la non elaborazione di ciò che non viene ritenuto rilevante ai fini di un compito. Al contrario, l’attenzione distribuita permette di far caso a tutto ciò che ci circonda, elaborando contemporaneamente le informazioni provenienti da più fonti, per quanto in modo meno rapido, efficiente e strettamente connesso alla quantità di risorse che ciascuno stimolo richiede.
Dott.ssa Alessia Zappavigna -Psicologa