Dopo tre mesi nelle mani della milizia del generale Khalifa Haftar, i 18 pescatori mazaresi (italiani, tunisini, senegalesi… ma comunque tutti mazaresi) hanno acquisito tra gli altri un incredibile merito “geopolitico”. La loro prigionia ha chiarito alla stragrande maggioranza dei cittadini siciliani che in Libia e nel Mediterraneo tutto è mutato.
Sono già cambiati i giocatori, le regole, perfino il campo di gioco.
Il nuovo gioco i nostri pescatori, le loro famiglie, lo vivono sulla loro pelle. Di sicuro il governo, il ministero degli Esteri e i servizi di sicurezza guidati dal generale Gianni Caravelli se ne sono accorti perfettamente. Bisogna solo capire se e quando si decideranno ad agire. La situazione è questa: i nostri pescatori non sono nelle mani di un misterioso e sanguinario gruppo terrorista. Ma neppure in quelle di un governo più o meno ostile a Roma, una entità non amica ma riconosciuta ufficialmente. Con i terroristi da anni l’Italia ha trovato un modo per superare i problemi: purtroppo è quello di pagare un riscatto, ma se non altro le vite di quasi tutti gli ostaggi vengono salvate. Con governi della regione, come per i pescatori accadeva con la Tunisia o con la Libia di Gheddafi, la formula era quella dell’arresto per pochi giorni, della confisca del pescato e magari del pagamento di una multa. La lunga detenzione dei 18 di Mazara ci conferma che il Mediterraneo non è più “nostrum”. Non nel senso della “proprietà” ma in quello della conoscenza, del dominio delle sue dinamiche. I pescatori sono nelle mani della milizia del generale Khalifa Haftar, che controlla di fatto un pezzo di Libia. Ci sono molte altre milizie e bande militari/criminali.
Ma quella di Haftar è l’unica ad avere uno status particolare: Haftar non ha a livello internazionale una autorità legale, eppure è riconosciuto a pieno titolo come un leader politico, accolto come un capo di Stato. Ne sono prova le modalità con cui il governo lo ha ricevuto ripetutamente, a Roma e anche in Sicilia. L’Isola conosce bene questo leader libico, che nel novembre 2018 fu atteso e poi salutato come un messia al vertice internazionale di Villa Igiea. Ma perché il capo di questo stato parallelo in Libia ha sequestrato 18 pescatori mazaresi? Il gruppo militare ha deciso di lanciare un messaggio all’Italia: vogliamo trasformarci da gruppo militare in entità politica capace di controllare tutta la Libia. Voi italiani ci avete sempre negato un appoggio vero, anche se poi non vi siete schierati fino in fondo neppure con i nostri nemici di Tripoli, con il governo di Fayez Serraj. Noi, sequestrando i vostri 18 pescatori, vi mettiamo in ginocchio, vogliamo umiliarvi, costringervi a trattare, a negoziare. E lo facciamo vedere a tutto il Mediterraneo. Prendere a schiaffi l’Italia, tenere in ostaggio 18 pescatori significa acquisire punti in questo nuovo gioco del Mediterraneo. Un gioco che ha una posta altissima, partecipare alla spartizione delle ricchezze petrolifere della Libia, ma anche condividere con Egitto o gli Emirati Arabi rivalità politiche ed ideologiche contrarie a quelle di Turchia e Qatar. Il mare intorno all’Italia ormai è popolato di nuovi personaggi che hanno mandato in soffitta il sistema di rapporti nel quale Roma era abituata a navigare. Non ci sono più la Nato e il Patto di Varsavia.
Non ci sono più neppure i grandi signori del Nord Africa (Gheddafi, Mubarak, Ben Alì in Tunisia).
Sono comparsi attori non statali, capi milizia, capi bastone e capi-mafia. E l’Italia si è fatta trovare impreparata.
Fonte: Palermo.repubblica.it – Vincenzo Nigro