Negli ultimi anni la diffusione di internet e la conseguente nascita dei social networks hanno rivoluzionato in modo radicale il nostro modo di comunicare, stravolgendo il concetto stesso di interazione sociale.
Le nuove tecnologie, infatti, favoriscono una comunicazione indiretta, mediata proprio dalle piattaforme social disponibili online ad ogni ora del giorno, tutti i giorni.
Facebook, Twitter, Instagram, YouTube, per citarne alcuni, permettono la pubblicazione, la lettura e la condivisione di contenuti audio, video o testuali in modo rapido e semplice, attraverso molteplici dispositivi ormai alla porta di tutti, come smartphone, tablet e computer.
Sebbene questa nuova socialità abbia senz’altro effetti benefici in termini di connessione con gli affetti lontani, vicinanza con le persone, salute mentale, felicità, e autostima, d’altra parte i social networks hanno involontariamente promosso l’insorgenza e la diffusione su larga scala di comportamenti negativi e distruttivi attraverso l’uso mediato delle tecnologie.
In particolare possiamo distinguere due forme principali di aggressione elettronica in base alla presenza o all’assenza di una o più vittime specifiche. Nel primo caso, in cui le aggressioni sono rivolte a una persona o a una minoranza, si tratta di molestie online, atte a ferire le vittime prescelte: rientra in questa categoria il cyberbullismo, un comportamento aggressivo, ripetuto e sistematico, rivolto a una persona specifica tramite gli strumenti dei nuovi media, quali ad esempio instant messaging, commenti online o email.
Esiste poi una seconda forma di aggressione elettronica che, al contrario, è priva di una vittima designata: si può parlare in questo caso di “haters” o “troll”, ovvero persone che sfruttano il mondo online per connettersi in modo anonimo e scrivere commenti crudeli e brutali apparentemente senza uno scopo preciso se non quello di creare scompiglio e ottenere reazioni da altri utenti. Solitamente le categorie su cui si riversa maggiormente l’odio sono le donne, gli omosessuali, i migranti, i diversamente abili e le persone di altra religione.
Tali comportamenti, che raramente avverrebbero in un rapporto “faccia a faccia”, sono facilitati da alcune caratteristiche stesse del mondo virtuale, quali:
- anonimità dissociativa: la comunicazione mediata da uno strumento offre alle persone l’opportunità di sperimentare una separazione e distinzione delle loro azioni online dal loro abituale stile di vita e dalla loro vera identità;
- invisibilità: il fatto che nel mondo online le persone non possano vedersi l’un l’altra contribuisce ad aumentare l’effetto di disinibizione dando il coraggio agli utenti di esplorare luoghi o fare cose che altrimenti non farebbero;
- asincronia: gli scambi spesso non sono in tempo reale e il fatto di non dover far fronte alla reazione istantanea dell’altra persona contribuisce all’effetto di disinibizione;
- immaginazione dissociativa: creare un proprio personaggio in parte (o totalmente) immaginario, amplifica l’effetto di disinibizione, poiché le persone consciamente o inconsciamente collocano questo personaggio in un altro spazio separato e distinto da quello della vita reale in cui le conseguenze delle proprie azioni sono concepite (spesso erroneamente) come meno intense e potenzialmente problematiche;
- minimizzazione dell’autorità: la mancanza di indizi non verbali ( come ad esempio postura, abbigliamento ecc) riduce l’effetto di norme sociali le quali, nel mondo reale, contribuiscono a regolare il comportamento.
Dott.ssa Alessia Zappavigna -Psicologa