L’operazione portata a compimento dai Nas nei giorni scorsi a Catania e che ha portato al sequestro di venti tonnellate di alimenti scaduti e reitichettati, nonché alla denuncia di due persone, ripropone il problema della commestibilità di tali cibi. A tal proposito proponiamo le considerazioni del professor Giacinto Miggiano, direttore del Centro nutrizione umane della Cattolica di Roma, presenti nelle pagine web della Fondazione Veronesi.
«La commestibilità di un alimento, superata la data di scadenza riportata sulla confezione – dichiara – è essenzialmente correlata alla natura del cibo stesso che ne determina anche la deperibilità più o meno lunga dal momento della produzione a quello in cui viene posto in tavola. Occorre poi fare una seconda distinzione fra una vera e propria data di scadenza espressa sugli involucri dei prodotti alimentari dalla dicitura “da consumarsi entro…”, che indica quindi il termine entro cui la consumazione del cibo è assolutamente garantita – quindi senza il rischio che si possano sviluppare cariche batteriche nocive per la salute o che il cibo possa perdere le sue proprietà nutrizionali originarie – a condizione però che la confezione sia stata fino a quel momento integra e che la conservazione dell’alimento sia avvenuta in maniera corretta e nel rispetto delle indicazioni consigliate».
«Fatta questa premessa – prosegue – riguardo al consumo oltre la data di scadenza dei cibi più facilmente deperibili e di più largo uso si possono seguire, in linea generale, alcune indicazioni di massima. Ad esempio lo yogurt può essere consumato fino a 6-7 giorni dopo la data di scadenza seppure perda in parte le proprietà nutritive originarie; il latte fresco pastorizzato e quello pastorizzato di alta qualità dovrebbero essere consumati entro il sesto giorno successivo a quello del trattamento termico mentre il latte microfiltrato fresco pastorizzato entro il decimo giorno successivo a quello del trattamento termico: oltrepassate queste scadenze, sarebbe meglio astenersi dal loro consumo».
«Per quel che riguarda i formaggi stagionati e a pasta dura – continua – su questi potrebbe comparire della muffa: non indica che il prodotto è avariato e rimuovendola accuratamente con un coltello è possibile procedere alla consumazione. Diverso il discorso per i formaggi freschi, per i quali sarebbe meglio attenersi strettamente alla data di scadenza indicata». «La deperibilità delle uova – ricorda – è spesso correlata al tipo di cottura. Crude o alla coque dovrebbero essere consumate nei 3 giorni successivi alla data di scadenza, fritte entro una settimana. In merito a pesce e piatti surgelati, se la conservazione di questi alimenti è avvenuta correttamente, possono essere mangiati tranquillamente fino a due mesi dopo la data di scadenza riportata sulla confezione, seppure si possano perdere in parte le proprietà organolettiche. Nel caso di gamberetti surgelati crudi, destinati a ricette che non ne prevedono la cottura, è buona norma rispettare il termine minimo di conservazione per non rischiare una eventuale listeriosi. Il pesce in scatola, invece, può essere consumato entro uno o due mesi dalla data di scadenza».
Miggiano “allunga” di un paio di mesi la scadenza su pasta secca e riso, biscotti e cracker, ma pure sottaceti, conserve di pomodoro e olio (di ottima qualità fino a 8 mesi). E’ tassativo, però, su salumi affettati e confezionati nonché sui succhi di frutta come quelli sequestrati dai Nas: «Hanno scadenze variabili dai 6 ai 12 mesi che è consigliabile rispettare».
Fonte: Lasicilia.it – Concetto Mannisi