“Quando i genitori fanno troppo per i figli, i figli non faranno abbastanza per se stessi”. (Elbert Hubbard).
Il termine “genitori spazzaneve” è stato coniato nei paesi anglofoni per indicare il comportamento di un numero sempre maggiore di padri e madri che cercano ad ogni costo di “ripulire” il percorso di vita dei propri figli da ogni eventuale ostacolo che lo possa minacciare.
Per citare alcuni esempi concreti: preparano lo zaino, “scortano” i figli fino al cortile della scuola, provvedono tempestivamente ad una dimenticanza, preparano la merenda, i vestiti da indossare, la borsa per la palestra, correggono i compiti togliendo agli insegnanti il diritto-dovere di espletare il loro ruolo. Se assistono ad un litigio tra coetanei intervengono per placare gli animi, affermando quasi sempre che bisogna andare tutti d’accordo, dimenticando o ignorando la legittimità di confronti necessari per conoscersi e conoscere.
La convinzione alla base di questo comportamento è che così facendo ne possano facilitare la crescita e lo sviluppo dell’autostima: si mettono in gioco in prima persona nella vita dei loro figli, senza limitarsi a stare al loro fianco ma precedendoli in ogni momento.
Questa tendenza, però, li rende impreparati ad affrontare eventuali insuccessi dei figli e, d’altra parte, impedisce anche ai figli stessi di far fronte ai propri fallimenti: come in un circolo vizioso, per evitare di dover gestire le ripercussioni, i genitori sembrano quasi rifiutare il ruolo impegnativo di “educatori” e si occupano unicamente di semplificare tutto.
La diretta conseguenze è che l’esasperante apprensività di questi genitori finisce col trasmettere un senso di enorme fragilità ai figli, instillando in loro da una parte il senso di incapacità nel gestire ciò che li riguarda e dall’altra l’idea che sbagliare sia sinonimo di fallimento e sia imperdonabile.
Ovviamente la cura e la preoccupazione per i figli costituiscono aspetti più che legittimi della vita dei genitori, ma occorre sottolineare che questi comportamenti possono risultare altamente nocivi. Infatti, il principale rischio in cui possono imbattersi questi genitori è quello di finire col sostituirsi ai figli stessi, interferendo nel processo di ricerca di soluzioni adeguate alla propria vita e al proprio percorso. Inoltre, questa attitudine ad allontanare i figli da sentimenti dolorosi e frustranti finisce col portare al non sviluppo dell’immunità psicologica. Il meccanismo alla base di tale concetto è del tutto simile a quello del sistema immunitario: se la nostra psiche non viene esposta ad agenti patogeni non imparerà mai a reagire a fronte di successivi attacchi di differente entità. Bisogna sottolineare, inoltre, che da genitori iperprotettivi spesso si sviluppano bambini e poi ragazzi che appaiono paralizzati nella propria vita, quasi incapaci di prendere qualsiasi decisione che li riguardi, anche la più semplice.
Anche deresponsabilizzare continuamente i figli risulta essere un comportamento nocivo poiché questo alimenta in loro lo sviluppo di atteggiamenti poco empatici e non li aiuta a comprendere le conseguenze (positive o negative) delle proprie azioni.
Se si provvede ad ogni necessità dei figli anche quando potrebbero tranquillamente farlo da soli, non si fa altro che privarli della straordinaria opportunità di conoscersi. Spesso si crede che siano troppo piccoli o che non siano in grado di organizzarsi in maniera sufficientemente funzionale per raggiungere “obiettivi che si vogliono per loro”, trascurando totalmente il rispetto per la loro unicità. Non si riflette quasi mai sull’importanza di permettere ai ragazzi di fare da soli, sbagliare, cadere, soffrire, rialzarsi, lasciando che la loro strada sia caratterizzata da difficoltà e prove da affrontare.
Se il percorso è “ripulito” dagli ostacoli, quando impareranno ad affrontarli? Quando potranno scoprire il valore delle proprie risorse e contare su una degna autostima?
Oggi andiamo tutti troppo di fretta e questo aspetto certo non aiuta: se ci si organizza per tempo,tuttavia, magari a piccoli step, si possono raggiungere buoni risultati.
I figli hanno il diritto di dimenticare un quaderno e viverne il disagio, sperimentare la sgradevolezza che si prova nel prendere un’ insufficienza o un richiamo dall’insegnante, scontrarsi con gli altri, gestire il proprio tempo e scoprire le conseguenze delle proprie scelte.
Lasciare che i figli sperimentino le difficoltà non è affatto piacevole perché costringe un genitore ad essere spettatore e non parte integrante della scena, ma sarà anche attraverso un incoraggiante presenza dell’adulto e soprattutto validi esempi da parte delle figure di riferimento, che i figli potranno arrivare a godere delle risorse e potenzialità che li contraddistinguono.
Dott.ssa Alessia Zappavigna -Psicologa