La Sindrome da burn-out prende il suo nome dall’espressione inglese «to burn out», ovvero «bruciarsi, esaurirsi».
Il Burn-out è infatti uno stato di esaurimento sul piano emotivo, fisico e mentale, classificato dall’OMS come una forma di stress lavoro-correlato che non si è in grado di gestire con successo.
Le persone che lo sperimentano risultano non più capaci di affrontare il proprio carico di lavoro quotidiano con le risorse disponibili e finiscono per soffrire di esaurimento cronico; questo disagio, inoltre, non si limita alla sfera professionale, ma si estende in molti casi anche alla vita privata, a riprova del fatto che il burnout non è una diagnosi univoca bensì un fenomeno complesso che si manifesta diversamente da persona a persona.
Il Burnout colpisce in particolare le persone impegnate in professioni d’aiuto sociale, come infermieri, psicologi, assistenti sociali, medici (soprattutto quelli impegnati nei settori delle patologie croniche o a decorso negativo), ma anche insegnanti, poliziotti, giudici, possono incorrere in questo esaurimento emotivo, che conduce ad una diminuzione delle capacità professionali e a un forte disagio psicofisico.
Sono state individuate quattro fasi nell’insorgenza della Sindrome da BurnOut:
- entusiasmo idealistico verso il lavoro: il lavoratore investe molte energie nel lavoro, motivato dall’ideale di aiutare gli altri, ottenere successo, essere efficace e utile per le persone. Tali motivazioni sono spesso accompagnate da aspettative irrealistiche di “onnipotenza”, dal desiderio di offrire soluzioni efficaci e immediate, di ottenere un successo generalizzato e rapido, apprezzamento e miglioramento del proprio status economico e sociale;
- stagnazione: l’operatore continua a lavorare, ma si accorge che il lavoro non soddisfa del tutto i suoi bisogni e i suoi ideali, si scontra con le difficoltà e gli inevitabili insuccessi professionali reagendo in modo passivo o negativo. Si passa così da un super-investimento iniziale a un graduale senso di delusione;
- frustrazione: il pensiero del professionista è dominato da una profonda sensazione di inutilità; come fattori di frustrazione aggiuntivi intervengono lo scarso apprezzamento da parte dei superiori e degli utenti, nonché la convinzione di una inadeguata formazione per il tipo di lavoro svolto. Può assumere atteggiamenti aggressivi verso se stesso o verso gli altri, avere sintomi d’ansia e mettere in atto comportamenti di fuga dal lavoro come pause prolungate o assenze per malattia;
- disimpegno, emozionale e pratico: porta ad uno stato di distacco apatico, fino ad arrivare alla morte della professione. La persona in Burnout sperimenta una vera e propria disaffezione al proprio lavoro, caratterizzata da delusione, insofferenza, intolleranza, cinismo, indifferenza, ma anche da sensi di colpa, sensazione di fallimento, tendenza ad ingigantire gli eventi negativi.
I sintomi più frequenti nelle situazioni di BurnOut sono:
- Crollo delle energie psichiche: fatica a recarsi al lavoro la mattina, apatia, irritabilità e ansia, sensi di colpa, sensazione di fallimento.
- Crollo della motivazione: perdita di sentimenti positivi verso l’utenza e la professione. Il distacco emotivo sperimentato dal lavoratore conduce alla perdita della sua capacità empatica e, in alcuni casi, al rifiuto degli utenti o dei colleghi.
- Caduta dell’autostima: l’operatore non si sente realizzato sul lavoro e tende a svalutarsi sia sul piano professionale, sia su quello personale. Egli perde la fiducia nelle proprie capacità e sente di non essere all’altezza delle situazioni.
- Perdita di controllo: la persona non riesce più a circoscrivere lo spazio del lavoro nella propria vita. Si sente “invasa” dal lavoro e non riesce a smettere di pensarci. Il malessere percepito pervade anche la sfera privata, condizionando le relazioni e gli interessi extralavorativi.
Il Burnout, inoltre, provoca o aggrava alcuni disturbi di tipo psicosomatico, come:
- disturbi gastrointestinali (gastrite, colite, stitichezza, diarrea);
- disfunzioni a carico del Sistema Nervoso Centrale (emicrania, cefalea,
astenia); - disturbi sessuali (frigidità, impotenza, calo del desiderio);
- malattie della pelle (acne, dermatite, eczema, afte);
- asma e allergie;
- disturbi del sonno (difficoltà di addormentamento, risvegli frequenti o precoci) e insonnia;
- disturbi dell’appetito;
- artrite, cardiopatia, diabete;
- diminuzione delle difese immunitarie.
La gestione del Burnout prevede diverse terapie adeguate al singolo caso. Un intervento precoce rende ovviamente più efficace la terapia, i cui passi-chiave riconoscere i sintomi, accettarli, rivolgersi a uno specialista.
Possono comunque essere artiate delle strategie preventive, per evitare l’insorgenza della sindrome, quali, ad esempio:
- Rispettare le proprie esigenze
- Soddisfare i bisogni fondamentali
- Fare esercizi di rilassamento e consapevolezza
- Affrontare lo stress
- Esercitare l’autocoscienza
- Nutrire l’autoaccettazione
- Adottare uno stile di vita sano
- Consultare e accettare l’aiuto di uno specialista
- Aumentare la flessibilità e l’autonomia sul posto di lavoro
- Cercare sostegno all’interno del proprio team
- Gestire adeguatamente il proprio tempo
- Porre limiti e dire di «no»
- Favorire l’equilibrio tra vita lavorativa e vita privata
- Ridurre le aspettative irrealistiche.
Dott.ssa Alessia Zappavigna -Psicologa