Gestivano illegalmente la compravendita dei loculi al cimitero di San Martino delle Scale, a Palermo. I carabinieri, nell’ambito di un’operazione denominata ‘Cimitero degli orrori’, hanno arrestato quattro persone e sottoposto una quinta al divieto di dimora nel comune di Monreale con obbligo di firma alla polizia giudiziaria. Per tutti l’accusa è di avere fatto parte di un’associazione per delinquere finalizzata alla truffa, falsità in atti pubblici commesse da privati, falsità in certificazioni, violazione di sepolcro, vilipendio delle tombe, vilipendio di cadavere, occultamento di cadavere, distruzione, soppressione e sottrazione di cadavere.
In manette sono finiti Giovanni Messina, 70 anni, Salvatore Messina, 38 anni, Salvatore Messina, 24 anni, Antonino Campanella, 33 anni, e Erminia Morini, 74 anni. Gli arrestati vantavano una collaborazione con l’abbazia dei Benedettini. Avvisi di garanzia sono stati notificati anche ad altri soggetti indagati per la stessa vicenda. Alcune aree del cimitero di San Martino sono state poste sotto sequestro e dall’alba i carabinieri sono impegnati in perquisizioni locali e domiciliari.
Le indagini, svolte dai Carabinieri di Monreale sotto la direzione ed il coordinamento della Procura della Repubblica di Palermo, hanno preso il via da alcune denunce su una mala gestio del cimitero e hanno permesso di far luce su una organizzazione criminale che, negli ultimi anni, si eraá di fatto sostituita, “in maniera del tutto abusiva” sottolineano gli investigatori, ai benedettini appunto nella gestione del cimitero.
Quando nel 2013 l’abate storico dell’abbazia dei Benedettini morì, i quattro collaboratori decisero di darsi da fare. Il cimitero, ormai pieno da oltre 20 anni, andava svuotato per fare soldi. Nessun rispetto per le salme, fatte a pezzi e infilate in un’intercapedine, uno spazio creato su un tetto del camposanto. “La nostra indagine è nata nel 2015 su due input che ci vennero forniti proprio dagli abati e dai cittadini. Innanzitutto – spiega il capitano Guido Volpe della compagnia di Monreale – gli abati si rendevano conto che c’erano dei funerali dei quali loro non avevano i proventi e sulla base della mancanza dei loculi non comprendevano come mai ci fossero posti vuoti. I cittadini, poi, ci hanno segnalato che andando al cimitero non trovavano più i propri cari nella sepoltura ma la foto di altre persone. È stata un’indagine complessa ma che alla fine ha svelato l’orrore di quanto accadeva”. Le cimici e le telecamere nascoste sono così arrivate all’interno del camposanto e sotto intercettazione sono finiti quei quattro collaboratori dei benedettini che non avevano mai avuto problemi con ma giustizia.
Un “programma criminoso- scrivono gli investigatori – costituito dal mantenere il cimitero, ormai saturo da anni, in condizione di perenne diponibilità onde ricevere ad libitum nuove immissioni di feretri al fine di percepire indebitamente il corrispettivo versato per le sepolture e i servizi funerari”. La richieste per ogni sepoltura era di cinquemila euro e lo spazio veniva trovato violando loculi già occupati e procedendo a estumulazioni del tutto illegittime. Una compravendita che faceva leva soprattutto su quelle persone che non trovavano spazio per i propri defunti nei cimiteri di Palermo.
Il modus operandi della banda era sempre lo stesso: creavano contratti di acquisto, cessione o rinnovo della concessione dei loculi e delle tombe gentilizie, all’occorrenza falsificati; individuavano tombe e loculi occupati da salme da potere spostare senza correre il rischio che parenti e prossimi congiunti ne rivendicassero la titolarità.Disattivavano poi il servizio di videosorveglianza prima di effettuare qualsiasi intervento e poi svuotavano le tombe occupate, procedendo all’estumalazione, occultamento e distruzione delle salme.
Alcune venivano spostati in altri loculi, altri gettati intercapedini ricavate con costruzioni abusive per poi essere coperte da materiale cementizio al fine di non lasciarne traccia. Chi tornava al cimitero per avere informazioni sul luogo di sepoltura del proprio parente veniva minacciato.
(Fonte: Repubblica.it – Romina Marceca)