Scoperta una truffa ai danni della Poste italiane con la clonazione e la successiva liquidazione di buoni fruttiferi postali (BFP), con la complicità di dipendenti delle poste tra Palermo, Carini, Belmonte Mezzagno e Lentini. La truffa ammonterebbe a tre milioni di euro.
I carabinieri hanno dato esecuzione a un’ ordinanza di applicazione di misure cautelari personali nei confronti di otto indagati per il reato di associazione per delinquere allo scopo di commettere più delitti contro il patrimonio.
Tra gli indagati tre sono stati portati in carcere: Luigi Allotta di 38 anni, Filippo Allotta di 36 anni e Gabriele Allotta di 31 anni. Quattro le persone agli arresti domiciliari (tra i quali uno è ricercato) :Adelfio De Luca, di 44 anni, di Lentini; Roberto Cellura, di 51 anni, di Palermo; Gianfranco Morena, di 44 anni di Palermo. Una persona è stata sospesa dall’attività di raccolta del risparmio postale per dodici mesi.
Queste persone sono accusate a vario titolo di associazione per delinquere allo scopo di commettere più delitti contro il patrimonio procurandosi un ingiusto profitto ai danni di Poste Italiane; truffa aggravata e continuata in concorso ai danni dell’Ente, con un profitto finora accertato di circa tre milioni di euro.
Altre otto persone sono state sottoposte ad indagini ed è stata notificata una informazione di garanzia.
I primi indizi di reato sono emersi nel corso delle investigazioni per una serie di truffe ai danni dell’Inps, da cui è partita l’indagine “Carambola” avviata nel 2012 e conclusasi nel 2014 con l’esecuzione di 12 misure cautelari, in cui erano coinvolti due degli odierni arrestati, già condannati in primo grado.
In particolare, la programmazione e il monitoraggio dell’attività del gruppo criminale avveniva sempre attraverso comunicazioni telefoniche con l’utilizzo di un “circuito chiuso” mediante schede telefoniche “dedicate” e pochissimi incontri diretti.
Attraverso controlli e pedinamento e l’esame di tabulati di traffico telefonico e delle localizzazioni gps di decine di schede telefoniche fittiziamente intestate, si è potuto procedere alle intercettazioni delle comunicazioni, il cui linguaggio criptico è stato decodificato.
Si è così accertato che il gruppo criminale operava secondo il seguente schema: reperiva i moduli dei buoni postali in bianco ovvero elaborava modelli da adattare successivamente, trovava i dati relativi a buoni effettivamente emessi in favore di ignari risparmiatori da Poste Italiane. Così veniva confezionato il titolo falso con l’inserimento di quei dati. Poi veniva presentato il titolo falso per il rimborso, utilizzando “teste di legno” che si sostituivano all’effettivo titolare munite di documenti falsi. Alla fine otteneva la liquidazione del buono, mediante accredito su conto intestato allo stesso titolare effettivo ma gestito dal suo sostituto, per poi dirottare il profitto su altri conti oppure investendo in altri titoli di credito postale.
(Fonte: Gds.it)