È morto a Barcellona, in Spagna, l’1 marzo 2017, Giovan Battista Mangiaracina, detto Gianni, classe 1978, di Mazara del Vallo, la cui scomparsa era stata denunciata dalla moglie, Vita Burzotta, il 9 marzo di sette anni fa alla polizia. Ed è stata quest’ultima a comunicare che gli investigatori spagnoli, un paio di mesi fa, hanno trasmesso il cartellino con le impronte digitali dell’uomo deceduto, senza identità, all’ospedale di Barcellona a seguito delle gravi lesioni riportate nella caduta da una impalcatura. Caduta presumibilmente avvenuta il 17 febbraio 2017, data a partire dalla quale la moglie non aveva più avuto notizie del marito.
Adesso, grazie alle impronte digitali (in possesso della polizia italiana in quanto Mangiaracina era stato arrestato per fatti di droga, anche se poi assolto), la vittima è stata identificata. Le autorità spagnole hanno comunicato che l’uomo è caduto da un ponteggio mentre stava tentando un furto. Una versione contestata dai familiari e dal loro legale, l’avvocato barese Antonio Maria La Scala: «Ma come si fa – spiega l’avvocato – a dire che è caduto perché stava tentando un furto? Noi sappiamo che era andato in Spagna per lavorare. Non era dedito ad attività illecite. Siamo veramente perplessi di fronte a queste affermazioni delle autorità spagnole ed esterrefatti del fatto che per identificare il cadavere la polizia di Barcellona abbia impiegato ben sette anni. E poi, se si trattava di un tentativo di furto, perché non hanno fatto gli accertamenti del caso? Solo con noi italiani si comportano così».
Le autorità spagnole hanno sostenuto che, dopo la caduta dall’impalcatura, Mangiaracina non era stato identificato perché privo di documenti e in stato di incoscienza. Solo da un tatuaggio con la scritta «Giada» hanno desunto che si trattava di un italiano. Della scomparsa dell’uomo, nel 2017, si è occupata anche la trasmissione di Rai3 «Chi l’ha visto?». Adesso, tramite l’avvocato La Scala, la vedova ha chiesto al ministero degli Esteri di attivarsi con urgenza per il trasferimento della salma a Mazara del Vallo, nonché di acquisire la documentazione relativa alla ricerca dello scomparso, alla causa della sua morte e alle indagini espletate in questi sette anni.
Articolo fonte: (Giornale di Sicilia) Gds.it