Sono centinaia di migliaia le persone che hanno sfilato nel centro di Roma per questa edizione del Pride. Un Pride targato “Brigata Arcobaleno, la Liberazione continua”. In testa al serpentone dell’orgoglio Lgbtqi che alle 16 è partito da piazza della Repubblica due testimonial d’eccezione: i partigiani dell’Anpi Tina Costa, 93 anni, e Modesto, 92. I carri erano 18 e in testa c’era quello del coordinamento dal quale una drag queen leggeva via via i passi più importanti del documento politico. L’allegra e colorata brigata ha sfilato per piazza dei Cinquecento, via Cavour, piazza dell’Esquilino, via Liberiana, piazza Santa Maria Maggiore, via Merulana, via Labicana, piazza del Colosseo, largo Corrado Ricci per arrivare fino a piazza della Madonna di Loreto. Chiude la giornata Adoro love edition, il party ufficiale del Roma Pride che si apre con il concerto di Sabrina Salerno. La madrina dell’evento è Sabrina Impacciatore.
“Ci sentiamo parte della lotta partigiana – ha detto Sebastiano Secci, il presidente del Circolo Mario Mieli e portavoce del Roma Pride – protagonisti della nostra battaglia, diversa ma idealmente affine, iniziata a Stonewall il 28 giugno del 1969 contro ogni forma di oppressione, prevaricazione, omologazione e normalizzazione delle nostre identità, dei nostri orientamenti affettivi e sessuali”.
Un impegno quotidiano contro ogni forma di pregiudizio e di fascismo. Uno sforzo obbligato, visto che anche nel giorno della manifestazione non è mancata la provocazione di “Militia Christi”: all’alba gli ultracattolici hanno affisso in via Cavour alcuni manifesti “contro il Gay-Pride – spiegano – e contro il cosiddetto matrimonio egualitario omosessuale”.
La battaglia per i diritti Lgbtqi è sostenuta dalle istituzioni, dalla Regione Lazio al Campidoglio, ai sindacati. “Il #Romapride è un grande, festoso e bellissimo evento civile e popolare – ha affermato il governatore del Lazio, Nicola Zingaretti – quando una piazza chiede più diritti e dignità per tutti, allora è la nostra piazza, c’è la nostra gente. Questa giornata è importante” ha continuato “perchè c’è un messaggio di fondo che parte da questa piazza ed è la voglia di rispetto per le diversità. Una società più forte su questi temi è una società più giusta per tutti. Il tema della disuguaglianze è diventato drammatico”. A chi gli chiedeva se ci si debba preoccupare dopo le prime dichiarazioni del neo ministro della Famiglia Lorenzo Fontana sulle unioni tra omosessuali, il governatore ha replicato: “Spero di no, che non ci dovremo preoccupare per una gestione del potere contro qualcuno ma è ovvio che primi passi hanno destato in tante minoranze preoccupazione”.
In piazza, come l’anno scorso, c’era il vicesindaco Luca Bergamo, “partecipo al Pride, l’ho sempre fatto e continuerò a farlo – ha detto – penso che sia un’importantissima occasione, in una società che è stata e continua, ahimè, ad essere omofoba o preoccupata delle diversità, un grandissimo fenomeno per consentire all’Italia di aprirsi”. E ha continuato: “La sindaca è fuori Roma, quindi in questo momento rappresento io il Campidoglio. C’è la necessità di non abbassare mai l’attenzione sui diritti, è una necessità civile, se ne parla anche nell’articolo 2 della Costituzione. Che esista ancora in Europa e nel nostro Paese una sacca di omofobia è un fatto e allora ci mettiamo la faccia per difendere i diritti”. Quanto al rischio di un possibile arretramento su diritti dopo le parole del ministro della Famiglia Fontana, Bergamo replica: “Non mi pare”.
Il segretario reggente Maurizio Martina e il presidente del Pd, Matteo Orfini, erano in piazza: “La battaglia per i diritti civili non si può e non si deve fermare – hanno detto – siamo orgogliosi di avere promosso e conseguito l’obiettivo fondamentale di una legge sulle unioni civili nella scorsa Legislatura, ma siamo anche convinti della necessità di continuare ad impegnarci per sostenere ed affermare la piena uguaglianza tra le persone nella società e nel dibattito pubblico”.
“Una società civile ed evoluta – ha affermato il leader di Leu, Pietro Grasso, che ha aderito all’evento insieme a tanti esponenti del partito – deve necessariamente fondarsi sul principio di uguaglianza previsto dall’articolo 3 della Costituzione: stabilisce che “tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”.
È quello che sottolineano anche i diversi i cartelli di contestazione al ministro della Famiglia, Lorenzo Fontana. “Lei, ministro, ha avuto una mamma e un papà – ha scritto Virginia, 34 anni – eppure ha delle idee così deviate. Luca Possenti, libraio 49enne, genitore Arcobaleno, sostiene invece “che si è data anche troppa importanza alle parole del ministro: mio figlio ha 7 anni, è nato in Canada – racconta – stiamo cercando il riconoscimento dello stato di nascita”. “Il problema – aggiunge Alessia, 44 anni, mentre stringe la mano a Levon, il figlio di 3 anni appena – è che serve il riconoscimento dei figli per tutti, come hanno già fatto Appendino a Torino e Sala a Milano. Roma invece è indietro, questa sindaca non fa nulla”.
La segretaria generale della Cgil Susanna Camusso, durante il corteo ha parlato delle recenti dichiarazioni del ministro Fontana: “Le dichiarazioni del ministro Fontana non sono rincuoranti, così come non lo è avere un ministero della ‘Famiglia’ al singolare. Significa non avere la percezione di com’è la società”, ha detto.
Massimiliano Smeriglio, vicepresidente della Regione Lazio, alla partenza dei carri ha detto che “occorre tornare nelle piazze, rimettere al centro le persone, ascoltare i bisogni e dare dignità a tutte le forme di affettività. Quello di oggi è un esempio di come si risponde al brutto clima che sta si respira nel Paese”.
“Sono molto contenta se anche tanti altri si svegliano, sebbene un pò tardi” ha detto sfilando tra i carri del corteo la senatrice radicale Emma Bonino. “Mi sembra utile perchè il clima che si respira non è propizio all’apertura alla diversità di sesso, pelle e religione. Anzi, c’è un clima di chiusura, un clima che rimanda politicamente a realtà illiberali. Dobbiamo reagire cercando di attirare l’attenzione, reagiamo almeno adesso”.
Naturalmente c’è Monica Cirinnà, mano nella mano con Esterino Montino: sono stati applauditi. “Domani ricorre il nostro anniversario di nozze – ha detto Montino – e oggi siamo qui per festeggiare l’amore di tutte le famiglie”.
C’erano anche gli studenti di Link, Uds e Rete della Conoscenza: “Oggi più che mai riteniamo necessario scendere in piazza per i diritti di tutte e tutti, contro ogni forma di odio e discriminazione” ha detto Francesco Pellas, coordinatore di Link Roma. “Negli ultimi mesi, in un costante clima di incitamento all’odio, abbiamo assistito a un’escalation di violenze e aggressioni ai danni di soggetti LGBT+, ma anche delle donne e dei migranti, da parte di movimenti e formazioni fasciste nella nostra città.” Mentre Andrea Torti coordinatore nazionale di Link Coordinamento Universitario ha sottolineato che “dopo le recenti dichiarazioni del Ministro Fontana e del Ministro Salvini è necessario dare una risposta forte a chi alimenta odio nei confronti di molti soggetti subalterni, parlare di una presunta famiglia tradizionale e di aborto come omicidio significa attaccare chi da anni lotta per poter decidere sul proprio corpo e sulla propria vita. Oggi al Roma Pride vogliamo unire le lotte di tutte e tutti per riprenderci quello che ci spetta e dare un calcio a odio e intolleranza.”
“L’articolo 3 della Costituzione dice che ognuno deve vivere la sua vita come crede, bisogna dirlo ai nuovi governanti che vogliono rinchiuderci ancora nei ghetti e nei forni crematori: non siamo disponibili, siamo qui per gridare la nostra libertà, che vogliamo giustizia contro ogni fascismo. Sempre Resistenza”. Così ha detto la partigiana Tina Costa, che si trovava nel carro di testa del Roma Pride. “Fontana e Salvini vengano a dare un’occhiata a questa manifestazione che non lascia a casa nessuno. La libertà non si cancella e non si ruba. Voi – ha aggiunto rivolta ai manifestanti – avete il coraggio di sostenere le vostre idee, avete ragione, siete dalla parte giusta, non arrendetevi mai. La libertà se non si annaffia tutti i giorni muore. La vostra bandiera è anche la nostra. La Resistenza iniziata sui monti deve continuare tutti i giorni per i nostri diritti – ha concluso la novantenne partigiana – dobbiamo far sì che vengano rispettati”. Al termine del discorso, dalla folla è salito un coro ‘vaff…’ all’indirizzo del neoministro dell’Interno.
“Ministro Fontana questo è per te”. È stato invece questo il tributo partito da uno dei carri, mentre la musica si alzava di qualche decibel. Ma più che una canzone è stato l’intero evento a sembrare dedicato al nuovo clima politico. “Facciamo vedere che esistiamo”, ha detto invece al microfono una drag queen, la voce amplificata che caricava la folla. “Rispetto agli altri anni vedo che c’è la stessa energia”, dice Lorenzo, 35 anni, che di Pride ne ha seguiti parecchi. “Quello che noto, ma che noto in me per primo, è la rabbia per ciò che sta succedendo – aggiunge – per me essere qui oggi ha un’importanza fondamentale, al di là del fatto che io sia gay”.
Una ragazza ha in mano un cartello: “Jesus loves all people”. L’amica ne regge un altro: “Sono gay e pure mancina: #medioevoproblems”. “Mi sembra che quest’anno ci sia una maggiore partecipazione”, dice Antonio, 28 anni, “perché credo che le parole del ministro Fontana ci abbiano unito, abbiano fatto sentire l’esigenza di manifestare e farci sentire, per far sentire che esistiamo eccome”. Come per tutti i Pride, non tutti sono omo o bisessuali: “Sono etero, ma credo che sia importante essere qui. In nome della libertà di essere quello che si vuole, la libertà di essere felici”, commenta infatti Irene, 35 anni.
Nel corteo si sono viste anche molte famiglie, bimbi piccoli e passeggini. Mentre il corteo sfilava, in molti si sono affacciati dalle finestre. Alcuni erano organizzati con collane di fiori, salutavano la folla. In piazza della Repubblica i politici erano mimetizzati nella folla: Orfini in tee-shirt e jeans consunti, con la figlia piccola in braccio; Martina in maniche di camicia subito attorniato dai giornalisti; Monica Cirinnà, circondata da persone volevano un selfie con lei. “Più dei ministri, mi preoccupa come possa reagire la gente” dice Lorenzo. “È con loro che abbiamo a che fare tutti i giorni. Saranno anni duri, per questo è importante essere qui oggi”.
C’è anche chi la vive in maniera più apolitica: “Penso che in questo momento si debba pensare a divertirsi, non alla politica”, dice un ragazzo, subito corretto dall’amico, Francesco, 27 anni: “No, io credo che invece ci sia più partecipazione perché la situazione politica oggi è più complessa che in passato”.
E poi tutto finisce come è iniziato. Con lei, Tina Costa, il simbolo della Liberazione: “Dobbiamo osare e riprenderci le redini di questo Paese – ha detto parlando dal carro dell’organizzazione – prima dei doveri dobbiamo praticare i diritti per tutti”. La folla, circa 200mila persone (500mila secondo gli organizzatori) ha scandito il nome della partigiana prima di intonare “Bella Ciao”.
(Fonte: Repubblica.it – RORY CAPPELLI, LUCA MONACO E SERENA RIFORMATO )