Che cosa abbiamo fatto come società civile e religosa in questi 32 anni? Che cosa abbiamo intenzione di fare per il futuro? “Fare” e non solo disquisire!
In questo trentennio abbiamo capito che la lotta alla mafia non può essere portata avanti solo con la repressione, serve un patto educativo globale che aiuti a leggere, criticare, pensare, capire, progettare… un futuro diverso e in controtendenza alla mafia.
Il primo passo, per vincere questa piaga, va nella direzione di una presa di consapevolezza e di coscientizzazione, non solo per i giovani ma anche, forse soprattutto, per gli adulti che educano i giovani.
Una presa di coscienza e una responsabilizzazione, perchè la cultura mafiosa la si acquisisce dentro i contesti più familiari e le situazioni più quotidiane, che non fanno scalpore e che introducono a pensare con la logica della furbizia, del profitto ad ogni costo, della sopraffazione del forte sul debole.
A volte, ho come l’impressione che siamo come i pesci che vivono nell’acqua e si rendono conto di esserlo solo quando vengono tirati fuori dal mare. Forse, siamo talmente immersi dentro la cultura mafiosa che ci rendiamo conto di esserlo solo quando ci sono le stragi o gli arresti eccellenti, o, quando abbandoniamo la Sicilia per andare a vivere altrove.
Noi vogliamo restare in questa meravigliosa isola, SICILIA, viverci bene, senza paura e senza violenza. Perche questo possa avvenire, ognuno deve fare la sua parte e assumersi le proprie responsabilità.
Questo è il mio augurio, nel giorno in cui commemoriamo Paolo Borsellino e la sua Scorta.
Don Giuseppe Alcamo