Per non perdere l’abitudine, si torna al voto fra ottobre e dicembre. Almeno salvo imprevisti. Il Consiglio dei ministri ha dato il via libera alla legge sulle ex Province varata in aprile dall’Ars: in autunno, dunque, i siciliani dovrebbero essere chiamati alle urne – in alcuni casi per la terza volta in un anno, dopo Politiche e Amministrative – per eleggere con un voto diretto il presidente del proprio Libero consorzio o della propria Città metropolitana. Il condizionale, però, è ancora una volta d’obbligo nella tormentata storia delle ex Province siciliane, commissariate ormai da un lustro: la Corte costituzionale, infatti, deve ancora pronunciarsi sulla legittimità della reintroduzione del voto a suffragio diretto per l’elezione degli organi amministrativi. Nel resto d’Italia, invece, si è votato già con elezioni di secondo grado (votano soltanto sindaci e consiglieri comunali).
Per questo motivo, la legge regionale fu impugnata dal Consiglio dei ministri. La legge approvata nel mese di agosto del 2017 prevedeva che le elezioni coincidessero con la tornata amministrativa di domenica scorsa. In previsione della pronuncia della Corte costituzionale, due mesi fa l’Ars ha approvato il rinvio delle elezioni alla finestra fra il 15 ottobre e il 15 dicembre. L’ultima parola, però, sarà pronunciata il 3 luglio: quel giorno la Consulta si esprimerà sull’impugnativa, dando così quello che potrebbe essere l’ultimo via libera (o l’ennesima bocciatura) alla riforma delle Province.Un percorso iniziato ormai più di 5 anni fa. È il 3 marzo 2013, e un neo-eletto Rosario Crocetta si presenta su Raiuno per dare il grande annuncio: «Da domani – dice il governatore – aboliremo le Province». Detto, fatto: 24 giorni più tardi l’Ars legifera davvero, in anticipo rispetto alla riforma analoga alla Camera. La legge, però, è solo un abbozzo: si limita a stabilire che entro il 31 dicembre la Regione abolisca le Province, affidandone nel frattempo le sorti a nove commissari. Da quel momento in poi il tema tornerà all’Ars diverse volte, con altrettante leggi, ma l’elezione sarà di volta in volta rinviata, fra marce indietro e impugnative. Adesso, però, l’ora del voto sembra scoccata. Almeno salvo imprevisti.
(Fonte: Repubblica.it)