La creazione di poli di eccellenza nei vari ambiti di cura- valorizzando e differenziando le attività tra i presidi ospedalieri- e il potenziamento del personale. Sono due priorità dell’Asp di Trapani, come conferma nell’intervista ad Insanitas il commissario straordinario Paolo Zappalà (nella foto), il quale traccia anche un bilancio della gestione dell’emergenza Covid-19.
Innanzitutto qual è la situazione attuale covid in provincia di Trapani?
«Purtroppo anche qui stiamo assistendo da alcune settimane ad un aumento dei contagi. Negli ultimi giorni c’è un appiattimento della curva, con un numero di positivi che oscilla intorno alle 11000/12000 persone. Come nel resto d’Italia, anche qui da noi registriamo in con quest’ultima ondata una sintomatologia da infezione Covid meno grave rispetto alle fasi precedenti. Questo fenomeno, associato ai protocolli di cura sviluppati per le fasi precoci della malattia, fa sì che la pressione sulle strutture ospedaliere sia molto più leggera e sostenibile. In proporzione ci sono meno ricoveri e i casi comunque sono meno gravi con i ricoveri in terapia intensiva ridotti a poche eccezioni».
Chi si occupa di sanità pubblica sta facendo i conti con qualcosa di inedito, la gestione di una pandemia. Qual è stato l’impatto sui servizi sanitari in provincia che non si occupavano dell’emergenza? Si è riusciti ad assicurare gli standard pre-covid?
«Tutte le aziende sanitarie italiane, non solo la nostra, sono state sottoposte ad uno stress organizzativo senza precedenti. Nelle prime fasi dell’emergenza l’attenzione si è focalizzata principalmente sull’assistenza ospedaliera; in tempi brevissimi abbiamo dovuto riconvertire ed attrezzare intere strutture ospedaliere per assistere i malati covid; abbiamo creato all’interno di alcuni ospedali percorsi clinico-organizzativi separati, anche fisicamente, per consentire di fornire assistenza ai pazienti covid ma continuando a tenere attivi per quanto possibile i servizi di diagnosi e cura per le altre patologie, non covid. Siamo riusciti a realizzare percorsi assistenziali, covid e non covid, organizzati secondo criteri di intensità di cura (terapia intensiva, sub intensiva, isolamento ordinario, RSA covid), coinvolgendo i presidi ospedalieri di Marsala, Mazara del Vallo e Salemi, oltre ai Pronto Soccorso e alle radiologie delle strutture ospedaliere. Tutto questo è stato realizzato gradualmente e proporzionalmente all’andamento della pandemia, seguendo le varie ondate epidemiche e riconvertendo velocemente più volte in le strutture di cura e gli assetti organizzativi. È stato un impegno gravoso che ha coinvolto- seppur in maniera differente- tutte le strutture sanitarie aziendali, non solo ospedaliere e non solo quelle degli ospedali in cui abbiamo realizzato dei reparti covid».
Tutto all’insegna di un notevole flessibilità organizzativa, quindi…
«Proprio così, l’azienda ha saputo mostrarla fin dall’inizio, grazie soprattutto alla collaborazione del personale di assistenza. Infatti è stato necessario intervenire sull’assetto organizzativo dell’intera rete ospedaliera aziendale, trasferendo temporaneamente da un presidio all’altro alcuni reparti e riallocando alcune attività. Il personale sanitario, non solo medico, ha saputo dimostrare un alto senso di collaborazione, sopportando sacrifici personali non indifferenti, con carichi di lavoro molto stressanti ed in alcuni casi cambiando anche la sede di lavoro. Nelle varie fasi della pandemia, a più riprese, siamo riusciti a dare assistenza ospedaliera ad oltre 1.800 malati covid, convertendo velocemente reparti e strutture in relazione al numero dei contagi e al fabbisogno di posti letto ospedalieri. Certo, l’emergenza covid ha determinato una riduzione delle attività clinico-diagnostiche per le altre patologie. Anche nella nostra provincia abbiamo a più riprese dovuto ridurre per alcune specialità le prestazioni, concentrandoci solo sulle urgenze e le attività indifferibili. Però voglio sottolineare un punto di forza della nostra rete ospedaliera provinciale: la possibilità di riorganizzare le attività sui presidi ospedalieri provinciali, continuando comunque a garantire pure le prestazioni per le patologie non covid anche se in misura ridotta e se, per alcune di esse, ci si è dovuti recare in un ospedale di un’altra città della provincia».
Come nel resto della Sicilia c’è un certo malcontento in alcune realtà locali per il ridimensionamento dei presidi ospedalieri minori. Sarà possibile o auspicabile una inversione di rotta, per garantire a tutti i cittadini una buona sanità di prossimità?
«Su questo vorrei esprimere con chiarezza il mio punto di vista, frutto anche dell’esperienza maturata qui in Sicilia. Sono convinto che la sanità ospedaliera, per essere attrattiva sia per i cittadini che per i professionisti, debba andare nella direzione di creare dei poli di eccellenza nei vari ambiti di cura. Ritengo che chi ha la responsabilità gestionali deve promuovere nelle varie strutture ospedaliere le condizioni per lo sviluppo di know how e competenze specialistiche, con la concentrazione di volumi di attività, casistica clinica e tecnologie. Questo vuol dire anche cercare di valorizzare e differenziare le attività tra i vari presidi ospedalieri. Vanno realizzate reti cliniche tra ospedali e servizi territoriali, dove ciascuna struttura gioca il proprio ruolo, relazionandosi in maniera integrata con le altre strutture provinciali, diversificando le attività, concentrando volumi e casistica clinica, investendo in tecnologie. Quindi per assicurare servizi sanitari di qualità non va solo guardato alla dimensione degli ospedali quanto piuttosto alla capacità di mettere in sinergia le varie strutture, territoriali ed ospedaliere, costruendo percorsi assistenziali integrati. È un percorso che va governato e gestito assieme ai professionisti e ai medici, valorizzando le molte competenze specialistiche di cui l’azienda dispone. Il lavoro che sto cercando di realizzare va in questa direzione».
Può farci un esempio?
«Il programma di sviluppo che abbiamo definito con i responsabili delle cinque strutture di Cardiologia provinciali (quattro UOC e una UOSD). Il piano prevede che le strutture cardiologiche di Trapani e Castelvetrano si concentrino in particolare sulle attività relative alle procedure di interventistica coronarica e dell’albero arterioso periferico; e che le Cardiologie di Marsala, Mazara del Vallo, assieme alla cardiologia di Alcamo, sviluppino invece le attività relative alle patologie legate alle disfunzioni elettriche del cuore, incrementando anche le attività di impiantistica di pacemaker e defibrillatori. Inoltre, l’Unità di Mazara del Vallo avrà il compito anche di sviluppare le attività legate alla cardio-oncologia e alle malattie dislipidemiche. Il rilancio delle attività passa per una logica di rete integrata di strutture e servizi sul territorio, in cui gli ambiti di intervento delle varie unità operative siano differenziati in modo che ciascuna si specializzi. Questi sono i presupposti per valorizzare l’attività delle nostre Cardiologie e realizzare poli di eccellenza in grado di qualificare sempre più le prestazioni clinico-diagnostiche erogate, offrendo ai cittadini, indipendentemente dal loro comune di residenza, un’ampia gamma e qualificata di prestazioni all’interno del territorio provinciale. Solo così riusciremo a qualificare la nostra rete ospedaliera e un cittadino del trapanese potrà trovare una risposta qualificata ai propri bisogni di salute, magari non nell’ospedale più vicino ma comunque all’interno della rete provinciale».
In una ideale lista di priorità da realizzare, quale pensa andrebbe messa in cima alle esigenze sanitarie della provincia di Trapani?
«La capacità di reclutare medici e professionisti rimane il nodo principale sul quale si gioca il futuro e lo sviluppo della nostra Azienda sanitaria che soffre di una carenza strutturale di medici che per alcune specialità è al limite della stessa operatività dei servizi. In un contesto nazionale di carenza di professionalità mediche ovviamente le aziende sanitarie che insistono in aree periferiche, come la nostra, hanno maggiori difficoltà ad attrarre giovani medici. Troppi nostri concorsi ed avvisi vanno deserti e il tema, di carattere strategico, sul quale occorre un impegno ed iniziative anche di carattere straordinario rimane quello di riuscire a reperire il capitale umano e professionale necessario allo sviluppo dell’azienda. L’età media del nostro personale medico è elevata e nel prossimo triennio circa l’8% del personale cesserà l’attività per pensionamento. Ecco perché diventa ancor più importante, a mio avviso, riuscire ad offrire servizi e strutture sanitarie qualificate, non solo per gli utenti ma anche per i giovani medici che si accingono a scegliere la struttura in cui svolgere la propria attività professionale».
Intervista a cura di Rosalba Virone (fonte: insanitas.it)