Si sono concluse le elezioni generali in Bangladesh, tra scontri e accuse di brogli elettorali. Alla fine della giornata è salito a 16 il bilancio dei morti nelle violenze scoppiate in diverse zone del Paese. Lo riferisce la Bbc. Circa 600.000 addetti alla sicurezza sono stati impiegati per prevenire gli scontri. Le autorità avevano anche ordinato la chiusura di Internet ad alta velocità fino a dopo il voto per impedire la diffusione di “voci” che si temeva potessero scatenare disordini.
Il leader dell’opposizione in Bangladesh, Kamal Hossain, ha definito le elezioni che si sono appena concluse “una farsa”, sostenendo che qualsiasi risultato sarà respinto.
L’Associated Press ha ricevuto oltre 50 segnalazioni di intimidazioni e minacce ai seggi, denunciate da sostenitori dell’opposizione, anche se non è stata in grado di verificarle in modo indipendente. Il voto è visto come un referendum sulle tendenze considerate sempre più autoritarie della premier Sheikh Hasina.
Già alla vigilia del voto gli esponenti del Bangladesh Nationalist Party (Bnp), la coalizione d’opposizione, temeva che violenze e le intimidazioni avrebbero tenuto lontano dalle urne molti elettori.
Zahiruddin Swapan, parlamentare del partito nazionalista all’opposizione, ha detto che venerdì funzionari della sicurezza hanno isolato la sua casa, impedendogli di condurre campagna elettorale. Farid Ahmed, un altro candidato del BNP, ha detto che la polizia e gli attivisti del partito al governo hanno preso posizione attorno al suo complesso.
Il mandato decennale del primo ministro Sheikh Hasina, il cui partito di governo – Awami League – spera di mantenere il potere, è stato accusato di arresti di massa, sparizioni forzate e uccisioni extragiudiziali. Nelle ultime settimane il Paese è stato segnato da episodi di violenza sommaria, assalti ai comizi elettorali, che hanno portato alla morte di 4 persone.
Il principale rivale di Hasina è la ex premier Khaleda Zia, capo del Partito nazionalista del Bangladesh, ritenuta ineleggibile da un tribunale per la sua passata detenzione con accuse di corruzione.
(Fonte: Ansa.it)