Maksim Borodin era stato tra i primi a indagare sulle morti fantasma dei contractor russi impegnati in Siria. È morto in ospedale domenica mattina tre giorni dopo essere stato ritrovato incosciente dai vicini ai piedi del suo palazzo a Ekaterinburg, negli Urali. Secondo le forze di polizia, il giornalista d’inchiesta trentaduenne sarebbe “caduto dal balcone” del suo appartamento al quarto piano. La porta era chiusa dall’interno, non c’era alcun segno d’effrazione. Un suicidio, dunque.
Ipotesi subito scartata da Polina Rumjanseva, la direttrice di “Novij Den”, il giornale dove Borodin lavorava. Troppo scomode le inchieste di Maksim su crimine e corruzione. Borodin scavava dove c’era da indagare: che si trattasse dei conti segreti del magnate dell’alluminio Oleg Deripaska o degli esponenti della Chiesa russa ortodossa dietro alle proteste dell’anno scorso contro il film reputato blasfemo, “Matilda”, su un amore giovanile dell’ultimo zar Nicola II, canonizzato martire.
Lo scorso febbraio aveva raccontato che gli uomini di un villaggio vicino erano morti nel raid statunitense su Deir el-Zor, in Siria. Si trattava di dipendenti di Wagner, la compagnia militare privata che fa capo a Evgenij Prigozhin, soprannominato “il cuoco di Putin”. Prigozhin è responsabile anche della cosiddetta “fabbrica dei troll” accusata d’influenzare la campagna presidenziale americana del 2016 e per questo è stato sanzionato dagli Stati Uniti. Secondo diverse fonti, nel raid statunitense sarebbero morte decine, se non centinaia, di mercenari russi, ma Mosca ha sempre negato arrivando ad ammettere solo cinque vittime precisando che non facevano parte del “personale militare”.
Da tempo numerose inchieste denunciano il dispiegamento in Siria di mercenari russi che permetterebbe a Mosca di aumentare la propria presenza militare sul terreno minimizzando le perdite ufficiali. L’uso di contractor però è vietato dalla legge russa, le reticenze del Cremlino nascerebbero da qui. Alla vigilia della sua misteriosa caduta, Maksim era “molto agitato” e aveva telefonato a un suo amico alle cinque del mattino raccontando di aver visto “persone in mimetica e dal volto coperto sulle scale” e “uomini armati sul balcone”. Pensava, ha scritto su Facebook l’amico Vjacheslav Bashkov, che da un momento all’altro avrebbero fatto irruzione in casa sua. “Aveva perciò bisogno di un avvocato, per questo mi aveva chiamato”. Poi si era rifatto vivo per scusarsi e spiegare che si era trattata di “un’esercitazione”. “Non l’ho richiamato”, scrive Vjaceslav. “Poi ho letto che si trovava in rianimazione”.
(Fonte: Repubblica.it – Rosalba Castelletti)