Economista con la convinzione che l’Italia abbia il potenziale per crescere di più. Carlo Cottarelli, 62 anni, convocato al Quirinale da Mattarella dopo la rinuncia di Giuseppe Conte, è conosciuto più per il suo tentativo, per lo più fallito, di individuare e tagliare gli sprechi della pubblica amministrazione come Commissario straordinario per la Revisione della spesa pubblica, nominato nel 2013 da Enrico Letta.
Dopo un anno, Matteo Renzi lo ha riassegnato al Fondo Monetario Internazionale, dove Cottarelli ha svolto gran parte della sua carriera di grande esperto di funzionamento di apparati fiscali. È stato con vari incarichi a Washington sin dalla fine degli anni ’80, dopo un inizio in Banca d’Italia, dove entrò nel 1981.
Quello di mr. Spending Review è stato l’incarico più governativo che ha avuto, pur essendo un semplice consulente del Tesoro. Lasciò in eredità un corposo dossier su tutti i punti d’intervento possibili: dalla partecipate pubbliche inutili, alla centralizzazione degli acquisti, ma anche con la frustrazione di aver trovato poca collaborazione dai politici e molta, comprensibile resistenza, dalla burocrazia.
Mr. Forbici ha mantenuto come obietttivo dei suoi studi quello della spesa pubblica, assumendo la carica di direttore dell’Osservatorio sui conti pubblici italiani dell’Università Cattolica di Milano e nei mesi scorsi aveva chiarito le sue posizioni riguardo alla situazione dei conti italiani: la spesa va tenuta sotto controllo, il deficit ridotto. Nessuna fiducia verso gli effetti salvifici pro crescita di Flat Tax o mini bond. Posizioni adatte a rassicurare i mercati, a cui si aggiunge una consuetudine con i consessi internazionali ed europei che dovrebbero ulteriormente rafforzare la posizione del nascente governo che difficilmente avrà la maggioranza in parlamento.
Proprio partendo dalle rilevazione del suo osservatorio, che ribadivano come l’Italia, nonostante i miglioramenti di questi anni, avrebbe dovuto combattere con un aumento del debito pubblico.
Anche Cottarelli però non può essere annoverato tra gli acritici difensori dell’attuale unione monetaria. “Berlino sta facendo una politica di bilancio pubblico troppo restrittiva nonostante abbia un debito basso. Se la facesse più espansiva aiuterebbe il resto dell’Europa” ha dichiarato recentemente, ma spiegando al tempo stesso che l’Italia mantenendo i conti in disordine non avrà mai la possibilità di chiedere cambiamenti a questo stato di fatto.
(Fonte: Repubblica.it)