“A seguito dell’aumento dei contagi non solo in Cina per l’influenza da coronavirus, molti turisti si stanno chiedendo se sia possibile chiedere l’annullamento dei viaggi programmati in Cina e in altre destinazioni asiatiche.
Il Codice del turismo, stabilisce che gli eventuali importi versati a titolo di caparra, devono essere restituiti al turista quando il suo recesso dipenda da fatto sopraggiunto non a lui imputabile, ovvero sia giustificato dal grave inadempimento della controparte (articolo 36).
Quindi, se le motivazioni del recesso del turista sono costituite soltanto da questioni personali e non oggettive, tutte le conseguenze economiche della rinuncia rimarranno in capo a lui (salvo che abbia stipulato apposita assicurazione a copertura), mentre, nel caso in cui le stesse motivazioni dovessero risultare fondate su fattori “esterni”, tali da impedire o limitare oggettivamente il godimento del viaggio, sarà possibile per il consumatore ottenere il rimborso.
Ma quali sono le cause che possono giustificare il recesso del viaggiatore?
Si tratta ovvero quali siano i « fatti sopraggiunti non a lui imputabili» cui fa cenno il Codice del turismo. Generalmente si tratta delle cosiddette “ cause di forza maggiore”, tra le quali rientrano le calamità naturali, gli avvenimenti bellici, i disordini socio-politici, gli atti di terrorismo o le emergenze sanitarie ma anche gravi infortuni o improvvise malattie debilitanti anche di parenti.
Ovviamente, affinché un certo evento possa acquisire i connotati di “giusta causa” per il recesso, è necessario che la situazione sopravvenuta, oltre a non essere attribuibile né al tour operator, né all’agenzia viaggi, non possa nemmeno essere attribuita allo stesso consumatore: l’evento, insomma, deve risultare del tutto imprevisto e imprevedibile, secondo la comune esperienza.
A riguardo, la Cassazione, con la sentenza 16315/2017, ha stabilito che il contratto di viaggio deve intendersi caratterizzato dalla sua finalità turistica, ovvero dal fatto che esso persegue la realizzazione del benessere psico-fisico derivante dal pieno godimento della vacanza come occasione di svago e riposo. La sopravvenuta impossibilità di realizzare tale finalità, secondo la Corte, implica il venir meno dell’obbligazione debitoria anche se, in astratto, la prestazione dovesse risultare ancora eseguibile.
Nel caso di specie, il timore di contrarre il nuovo coronaviris potrebbe impedire al turista relax e quindi legittimare il recesso dal pacchetto viaggi e la restituzione del prezzo pagato”.
Avv. Giuseppina Gilda Ferrantello