Giugno è il mese dedicato al supporto e alla celebrazione dei diritti di genere e dell’amore in ogni sua forma, senza discriminazioni.
Risulta innanzitutto opportuno chiarire il significato di termini che esprimono concetti i cui confini appaiono talvolta sfumati e poco chiari: sesso, identità di genere e orientamento sessuale.
Se nel primo caso esiste una definizione universalmente conosciuta e “visibile”, che attribuisce il sesso di una persona alla presenza di specifici organi genitali e distinguendo quindi tra “maschio” e “femmina”, negli altri due si manifesta una maggiore incertezza.
In particolare, alcuni studi psicologici a partire dagli anni ‘50 si sono soffermati spesso sul concetto di genere (gender) e di conseguenza sull’identità di genere, che può essere definita in base a come ciascun individuo sente di essere, il suo sentimento profondo di femminilità o mascolinità a prescindere dalle caratteristiche sessuali, biologiche e anatomiche.
Le due dimensioni di sesso e identità di genere si mescolano poi con una ulteriore componente, ovvero l’orientamento sessuale, che si riferisce all’attrazione affettiva-sessuale di una persona nei confronti di un’altra (gli orientamenti più diffusi sono quindi quello eterosessuale, omosessuale o bisessuale).
Il Manuale Diagnostico dei Disturbi Mentali, nella sua ultima edizione (DSM-V), ha eliminato la categoria diagnostica di “Disturbo dell’identità di genere”, inserendo quella di “Disforia di genere”: il primo si focalizzava sulla percezione di una identità diversa dal sesso biologico, senza considerare il disagio soggettivo sperimentato, mentre il secondo si riferisce ad una condizione clinica in cui l’avvertire discrepanza tra il proprio sesso biologico e la propria identità di genere causa un disagio clinicamente significativo e compromette il funzionamento sociale e lavorativo.
Che cosa significa l’acronimo LGBT (LGBTQ)? L’acronimo L (lesbiche) G (gay) B (bisessuali) T (transessuali) viene utilizzato per indicare collettivamente tutte le soggettività non eterosessuali. A volte viene utilizzato anche l’acronimo LGBTQ dove la ‘Q’ sta per queer (termine utilizzato in senso ampio per indicare tutte le soggettività non eterosessuali).
Nel contesto sociale odierno, talvolta ancora caratterizzato da pregiudizio, rifiuto e discriminazione , le persone LGBT+ (come tutte le persone che appartengono ad una minoranza socialmente rilevante, sia essa etnica, culturale, religiosa o sessuale) sono sottoposte in maniera continuativa a quello che in ambito psicologico è conosciuto con il nome di “minority stress”.
Il minority stress definisce le fonti di stress che tali persone devono fronteggiare ogni giorno, dagli eventi e le condizioni esterne(es. discriminazioni, offese, violenze) a tutto quello che da ciò deriva: lo stato di allerta continuo in cui essi vivono per la paura di subire offese e/o violenze; il dover nascondere agli altri la propria identità sessuale(e quindi il fatto di non potersi mai sentire completamente rilassati e liberi di essere se stessi); il pensiero introiettato dalla società di essere sbagliati, di valere di meno rispetto agli altri, di dover compensare la grave mancanza di non essere come tutti gli altri (omofobia interiorizzata).
Oggi più che mai occorre dunque favorire una cultura delle differenze e del rispetto della persona umana in tutte le sue dimensioni mettendo in atto strategie preventive adeguate ed efficaci capaci di contrastare fenomeni come il bullismo omofobico, la discriminazione di genere, il cyberbullismo. I diritti di ognuno. a prescindere dai propri colori, orientamenti e dalle proprie caratteristiche dell’essere persona, dovrebbero sempre inviolabili e rispettati: se vivessimo in una società che considera l’identità sessuale per quella che è, ovvero sempre valida qualunque essa sia, nessuno soffrirebbe per il fatto di essere lesbica, gay, transgender, bisessuale o altro.
Dott.ssa Alessia Zappavigna -Psicologa