Nella nostra cultura l’associazione dei termini “madre” e “assassina” del proprio figlio costituisce una contraddizione incomprensibile, che evoca angoscia, terrore e timore.
La sindrome in riferimento è una metafora della Tragedia di Medea dove l’uccisione dei figli diventa simbolica, cioè finalizzata ad uccidere non il figlio stesso ma il rapporto di quest’ultimo con il padre.
Figlia della maga Circe, Medea è profondamente innamorata di Giasone, per il quale tradisce la propria famiglia e uccide il suo stesso fratello. Alcuni anni dopo il loro matrimonio e dopo essere diventata madre, però, Giasone la ripudia per una donna più giovane, Glauce. Medea, distrutta dal dolore, prepara la sua vendetta: non solo uccide la rivale tramite un vestito da sposa avvelenato inviatole come dono di nozze, ma decide altresì di uccidere tutti i suoi figli in quanto per lei unica soluzione per vendicarsi e per superare l’ umiliazione.
Il “Complesso di Medea” viene utilizzato dallo psicologo Jacobs (1988) per indicare il comportamento materno finalizzato alla distruzione del rapporto tra padre e figli dopo le separazioni conflittuali.
Allargando la prospettiva, il complesso di Medea rimanda al concetto di “Alienazione Parentale” (PAS – Parental Alienation Syndrome), che può riguardare entrambi i genitori. Con il termine alienazione parentale o genitoriale si intendono i comportamenti di un genitore (che di solito possiede la custodia dei figli) volti ad allontanare materialmente ed emotivamente il figlio dall’altro genitore e che quindi abbia una condotta alienante finalizzata all’emarginazione e alla neutralizzazione dell’altro.
La natura della motivazione alla base dell’alienazione genitoriale risiede in una mancata e cattiva elaborazione della separazione da parte di uno dei due ex coniugi o, peggio ancora, di entrambi.
Secondo Gardner (1988), psichiatra infantile e forense, le madri sono genitori “alienanti” molto più frequentemente di quanto lo siano i padri, dal momento che generalmente sono la figura a cui viene affidato il figlio. Rispetto al padre, le madri passano molto più tempo insieme ai figli e proprio questo tempo dà loro un maggiore potere, e una sorta di onnipotenza, nella relazione con i figli per cercare di “annientare” l’altro.
Questa sindrome si manifesta con:
- aggressività,
- tendenze al suicidio,
- comportamenti impulsivi,
- tendenza al conflitto,
- relazioni complicate,
- gelosia patologica.
La caratteristica intrinseca della sindrome di Medea è infatti che implica una gelosia e una ossessività patologiche e il fattore scatenante è proprio la conflittualità col compagno, mentre il figlio è utilizzato come uno strumento per creare sofferenza.
Dott.ssa Alessia Zappavigna -Psicologa