La violenza verbale costituisce una forma di abuso che può colpire una persona in modi e contesti diversi: può verificarsi sui social network, a lavoro, tra amici o nella vita familiare o di coppia e non conosce distinzione di status socio-economico o di provenienza geografica o etnica.
Chi ne è vittima prova emozioni come paura, colpa o vergogna, indotte dall’abusante che tenta di esercitare il proprio controllo minacciando, danneggiando, negando le proprie responsabilità o fallimenti e, anzi, attribuendoli all’altro in modo più o meno esplicito.
Sebbene tra le diverse forme di abuso (violenza fisica, sessuale, economica, psicologica ed emotiva) quella fisica sia la più riconosciuta e denunciata, non bisogna sottovalutare le ripercussioni devastanti di quella verbale: non lasciando segni evidenti, infatti, è spesso più sottovalutata, nonostante gli effetti negativi che ne conseguono lascino strascichi profondi, legati anche alla difficoltà ad interrompere il rapporto compromettente il benessere psico-fisico.
La violenza fisica e quella verbale causano conseguenze psicologiche che possono essere considerate paritetiche: la prima, tramite l’uso della forza –calci, pugni, spintoni, costrizioni, schiaffi, uso di armi o deprivazioni di cure, esercita una sottomissione della vittima da parte dell’abusante. La violenza verbale –che spesso è la sua anticamera-, invece, agisce in modo più subdolo, lavorando a livello emotivo e psicologico in modo più sottile e meno visibile: capita spesso che proprio per questo chi ne è vittima ne risulti quasi inconsapevole, non riuscendo più a distinguere ciò che è sano e fisiologico in una relazione da comportamenti e atteggiamenti che non lo sono. Si manifesta tramite insulti, umiliazioni, critiche implicite o esplicite, ma anche etichettando l’altro come immaturo, inaffidabile, non meritevole di fiducia, troncando possibilità di replica in una discussione o minacciando qualora il partner si trovi in disaccordo; tali pratiche tendono a scalfire –e arrivano a distruggere- l’autostima, il senso di sicurezza e di protezione personali, logorando chi ne è vittima che tenderà ad osservare ciò che dice e fa con paura, per evitare litigi, accuse, invasioni della privacy, tentativi di controllo e –soprattutto- senso di solitudine, impotenza e disperazione.
Malgrado oggi si sia diffusa una maggiore informazione su cause e conseguenze della dipendenza emotiva e della violenza verbale, molte vittime continuano a colpevolizzarsi in silenzio, minimizzando o giustificando l’accaduto: se ci si riconosce nella descrizione fornita bisogna invece allontanarsi, interrompere la relazione e questo circolo vizioso che non conduce ad altro se non ad una compromissione della propria salute psicofisica e ad un peggioramento della propria qualità di vita. La violenza, di qualunque tipo e con qualunque frequenza si verifichi, non è mai amore.
Dott.ssa Alessia Zappavigna –Psicologa