Domenica 5 maggio è iniziato il Ramadan. Terminerà martedì 4 giugno. Anche i musulmani di Mazara si sono preparati alla preghiera collettiva. Per loro, islamici, è il periodo più sacro dell´anno, il mese del digiuno dall´alba al tramonto, ma anche del divieto di bere, fumare e avere rapporti sessuali (anche con i legittimi consorti). Entreranno in quella piccola stanza di preghiera, che è la moschea, che si trova all’interno della kasbah di Mazara, per pregare cinque volte al giorno, più un’altra preghiera prescritta per l´occasione, anche per i non praticanti, i credenti “tiepidi”, e, in omaggio alla propria comunità, perfino ai non credenti. Il mese delle buone azioni, dell´autocontrollo, della jihad contro le proprie deviazioni personali, che, secondo il Corano, è l´unica vera «guerra santa» consentita, dedicato al sacrificio ma anche alla festa, e in cui alle lunghe ore di privazioni del giorno seguono dal tramonto in poi veri banchetti di famiglia. Saoulmia Mohamed Alì, da oltre 30 anni a Mazara ed ex consigliere comunale “aggiunto” senza diritto di voto , conferma che a Mazara il Ramdan, cioè il periodo del digiuno, viene rispettato. “Non potrebbe essere diversamente – dice – perché è obbligatorio, si è esenti soltanto in caso di malattie e di eventi particolari. Siamo rispettosi delle cinque preghiere e della preghiera particolare che si fa di notte all’interno della moschea”. Alla fine del Ramadan c’è “Eid – al – Fitri”, cioè la festa della rottura del digiuno. “Ci riuniamo tutti – continua Saoulmia – nel piazzale Giovan Battista Quinci, per fare festa. Ed arrivano nostri concittadini anche dai Paesi vicini, da Campobello, Castelvetrano, dalla Valle del Belice, è un grande incontro, un ritorno ai nostri paesi lontani”. Il Ramadan è un momento di condivisione e di unione. È usanza invitare i propri vicini e amici a condividere tutti insieme il pranzo serale – chiamato iftar – e a recitare particolari preghiere dette Tarawih. Alcune differenze nella tradizione si riscontrano nei cibi che si possono mangiare quando cala il sole. Ogni Paese ha delle particolarità: per esempio, in Tunisia, Algeria e Marocco viene preparato un cous-cous soltanto con l’agnello (non il pollo o il montone) arricchito da uvetta; in Siria e in Giordania invece si mangiano i “katai”, dolci con ripieno di cocco, nocciole tritate e zucchero. Durante il Ramadan si bevono succhi di frutta, e nei Paesi del Maghreb quello di liquirizia, che alza la pressione sanguigna, perché chi digiuna ce l’ha più bassa del solito. Il vescovo della diocesi di Mazara, monsignor Domenico Mogavero, nello scorso Radam ha inviato un messaggio, indirizzato ai “carissimi fratelli e sorelle di fede islamica” in cui si legge che «L’odio, le guerre, la violenza e il sangue non possono essere benedetti da Dio. Per voi è il tempo sacro del Ramadan, tempo dedicato alla preghiera, al digiuno e alla condivisione. Auguro a tutti i fedeli musulmani, e particolarmente a quanti abitano nel territorio della diocesi di Mazara del Vallo, di trascorrere giorni di serenità spirituale e di fraternità gioiosa per concorrere alla costruzione di relazioni pacifiche tra tutti gli uomini di buona volontà». Durante il Ramadan si può lavorare. Anzi, dalle testimonianze di imprenditori e lavoratori della marineria e dell’agricoltura l’integrazione tra lavoro e precetti religiosi è pressoché totale. Salvatore Asaro, che commercializza prodotti ittici ed è in contatto con moltissime flotte, osserva: “Ci sono tantissimi immigrati, ma non si è mai verificata alcuna tensione sul lavoro relativa all’osservanza del Ramadan”. Gli fa eco Pietro Quinci. “ A Mazara – dice – ci sono cinquemila tunisini che lavorano nei settori più diversi, dall’agricoltura alla marineria. Molti di loro sono di osservanza musulmana ed hanno messo in pratica alcuni accorgimenti per evitare di soffrire troppo durante il Ramadan. Ad esempio, quelli impegnati nei campi si alzano presto, anche alle quattro del mattino, per bere e mangiare prima dell’alba. Ma i datori di lavoro e gli imprenditori questo aspetto lo mettono già in conto. Già sapevano in anticipo che il Ramadan (che cambia ogni anno in base al calendario lunare) quest’anno sarebbe stato particolarmente pesante perché cade nel mese maggio. Ma cosa accade ad un marinaio di fede musulmana imbarcato per una battuta di pesca? Afferma un armatore: “I marinai sono liberi di fare ciò che ritengono opportuno. Alcuni rispettano il Ramadan, altri no”. E cosa succede se sono in mare? “C’è grande comprensione e rispetto. Bisogna considerare, ad esempio, che quando si fa la spesa per l’equipaggio si rispettano i precetti alimentari della religione islamica, di ciò che i musulmani osservanti possono o non possono mangiare”. “E’ un esempio di grande convivenza” sottolinea Nicola Giacalone, che aggiunge: “Non ci sono mai stati episodi di intolleranza dalle nostre parti nello svolgimento del lavoro, sia nel campo della pesca, ma anche della pastorizia e dell’agricoltura”.
(Fonte: Giornale di Sicilia – Salvatore Giacalone)