Oltre a essere la più grande solennità per tutti i cristiani, centro dell’interno anno liturgico, la Pasqua di Resurrezione è anche il culmine della Settimana Santa e l’avvio di un tempo nuovo, che prosegue con l’Ottava di Pasqua e si conclude dopo 50 giorni con la Pentecoste.
“Uscì allora Simon Pietro insieme all’altro discepolo, e si recarono al sepolcro. Correvano insieme tutti e due, ma l’altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. Chinatosi, vide le bende per terra, ma non entrò. Giunse intanto anche Simon Pietro che lo seguiva ed entrò nel sepolcro e vide le bende per terra, e il sudario, che gli era stato posto sul capo, non per terra con le bende, ma piegato in un luogo a parte. Allora entrò anche l’altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette”. (Gv 21, 3 – 8)
Nel testo evangelico, come era stato un angelo ad annunciare ai pastori la nascita di Gesù, così è un angelo a dare alle donne l’annuncio della Resurrezione, della vittoria di Cristo sulla morte. Due angeli a fare da mittenti ed entrambe le volte persone “semplici” sono i destinatari. Solo in seguito, Pietro e Giovanni vanno al sepolcro: Giovanni è più giovane e veloce, ma si ferma e fa entrare prima Pietro in segno di rispetto. È allora che “vedono e credono”. È allora che la paura si dilegua: Gesù ha mantenuto la sua promessa.
Le origini ebraiche: la Pasqua di “liberazione”
Ci sono molte analogie tra la Pasqua ebraica e quella cristiana. L’antico termine aramaico Pesah indica il “passaggio” e infatti la Pasqua ebraica celebra la fuga del popolo eletto attraverso il Mar Rosso e la liberazione dalla schiavitù in Egitto, ma anche il segno sulla porta delle case d’Israele in modo che l’angelo della morte potesse “passare oltre”. Anche Gesù, che è il Messia, con la sua Pasqua di Resurrezione ci libera da una schiavitù molto più profonda: quella dal peccato e della morte, ci indica la nostra nuova vita e ci mostra concretamente qual è il destino dell’uomo, mantiene, cioè, la sua promessa di salvezza.
Evento e mistero pasquale
La Domenica di Pasqua è il giorno della gioia, il giorno della prova che Gesù Risorto è davvero il Figlio di Dio, Redentore di tutte le cose che esistono e che possono essere salvate. Ma mentre la Pasqua come evento storico, essendosi verificato migliaia di anni fa, è in sé concluso e irripetibile, non così è il mistero che questa solennità porta con sé: cioè l’evento non più storico, ma salvifico che a ogni celebrazione del rito si rinnova. È un giorno nuovo, in cui Dio conferma l’alleanza con l’uomo attraverso Gesù, il Figlio prediletto che con la sua obbedienza ha realizzato il progetto originario che Dio aveva fin dai tempi della Creazione.
Luce, Parola, acqua, convito: le parole chiave della Veglia
La Veglia pasquale, o “Veglia di tutte le veglie”, che si celebra la sera del Sabato Santo, rompe il silenzio ed è già un rito che appartiene al momento della Resurrezione. Vegliare è un atteggiamento permanente nella Chiesa, ma in questa notte c’è di più: ci sono i simboli che si alternano nelle liturgie della luce, della Parola, del Battesimo e dell’Eucaristia. Si comincia al buio con l’accensione del cero pasquale – che resterà acceso fino alla Pentecoste – e si porta in processione la luce, simbolo del Cristo Risorto che illumina il destino dell’uomo, quindi si prosegue con sette letture dall’Antico Testamento che spaziano dalla Creazione del mondo alle profezie. In pratica è un compendio della storia della salvezza di cui si sta celebrando il culmine, perché con la Resurrezione Cristo tutto riassume in sé e ricapitola, perciò anche la storia precedente deve essere riletta, appunto, nella nuova luce. Si sciolgono, dunque, le campane, e si intona il canto del Gloria. A questo punto il popolo di Dio deve passare attraverso l’acqua che tutto purifica: ecco la liturgia battesimale. Se non c’è nessuno che deve essere battezzato, si rinnovano comunque le promesse battesimali e si viene aspersi con l’acqua benedetta. I credenti, purificati, possono perciò essere ammessi al convito pasquale, a partecipare al banchetto con il corpo e il sangue di Cristo.
Le decisioni del Concilio di Nicea
Nel Concilio di Nicea del 325 fu stabilito che la Pasqua fosse celebrata nello stesso giorno per tutti i cristiani, adottando il calcolo del rito occidentale, che la fissa nella domenica successiva al primo plenilunio dopo l’equinozio di primavera, che all’epoca si considerava cadesse convenzionalmente sempre il 21 marzo. Ne consegue che la Domenica di Pasqua ogni anno può slittare dal 22 marzo (si dice Pasqua bassa) al 25 aprile (Pasqua alta), come calcolò già Dionigi il Piccolo nel V secolo. Nelle Chiese d’Oriente, tuttavia, il calcolo viene effettuato secondo il calendario giuliano, pertanto la Pasqua può cadere tra il 4 aprile e l’8 maggio.
Fonte: vaticannews.va/it Roberta Barbi – Città del Vaticano