La Chiesa non è una associazione o un club e nemmeno un insieme di persone con interessi comuni. La Chiesa è costituita da coloro che sono chiamati da Dio, scelti da Dio, consacrati da Dio attraverso il Battesimo. La Chiesa non si identifica in una comitiva di amici, ma nei fratelli nella fede.
Dunque, chiunque sceglie di far parte di questa comunità/famiglia, la Chiesa, risponde ad una chiamata, aderisce ad una richiesta che viene da Dio, accetta di essere nato nel fonte battesimale. Il che significa che la Chiesa appartiene innanzitutto a Dio: Lui la convoca, la nutre, la fa crescere, le dà stabilità dentro la storia, chiama ciascuno a responsabilità diverse.
A partire da questa consapevolezza vocazionale e di libertà, è necessario comprendere in che modo un grande ideale come quello del “regno di Dio”, del “corpo di Cristo”, del “tempio santo”, della “costruzione unitaria”, possa essere concretizzato in una realtà storica, così fragile come quella in cui viviamo.
A nessuno sfugge che la vita della comunità ecclesiale è spesso deludente per la sua povertà umana e spirituale, per le sue divisioni, per la presenza di tanti che non riescono ad andare oltre il “precetto”, per le motivazioni inquinate, per il peccato in tutta la sua drammaticità. Eppure, il cristiano che accetta di vivere con responsabilità la fede della Chiesa non può perdere di vista l’ideale verso cui camminare.
Come coniugare le due dimensioni? Come far fronte allo scarto che esiste tra l’ideale e il reale, tra quello che si desidera e quello che si riesce a realizzare, tra il sogno e la realtà? Come riuscire a rimanere fedele all’ideale, che è di Dio, senza appiattirsi sul reale, che è quello che ogni giorno viviamo? Come lottare senza mai rassegnarsi? Come trovare il coraggio di indicare mete possibili per camminare nella direzione della pienezza? Anzi, come utilizzare la fragilità quotidiana di tutti, per meglio gustare la bellezza e la grandezza dell’ideale evangelico?
Le domande sono tante, la risposta è una sola. L’unica via percorribile che la Chiesa conosce per avvicinare il misero reale al grande ideale è il discernimento evangelico. Si, il discernimento è la via della Chiesa, per restare fedele al suo Signore e Maestro, senza perdere nessuno dei suoi figli.
Il discernimento avviene sempre nel dialogo fraterno, nella ricerca comune, nello studio, nell’attenzione ai segni dei tempi e, infine ma non per ultimo, nella preghiera personale e comunitaria. La preghiera per il discernimento è come l’anima per il corpo: lo rende vivo. Il discernimento evangelico è il metodo con cui la Chiesa è chiamata a vivere dentro la storia.
Lo scarto tra la grande visione del Regno di Dio e la nostra comunità ecclesiale ci chiede di discernere, per distinguere l’essenziale dal marginale. Discernere il mistero del Regno di Dio dentro le questioni concrete, a volte meschine, in cui ci dibattiamo, come singoli e come intera comunità, è la vera grande sfida che attende il vescovo eletto Angelo e con lui tutti noi.
Non intraprendere la via del discernimento significa tradire la natura della Chiesa e, nelle nostre relazioni, inevitabilmente scadere nel favoritismo, nella logica delle cordate, nella corruzione e nel clericalismo. Senza discernimento la Chiesa non è più Chiesa, perde la sua vera identità e si confonde con realtà troppo partitiche e assume stili di vita troppo mondani, trascurando la sapienza della croce.
Il grembo dentro cui il discernimento deve avvenire è la totalità della vita ecclesiale, dando a tutti la parola e permettendo a tutti di esprimersi con l’originalità della propria vita. Per una Chiesa locale il cammino di discernimento è un farmaco per non creare vittime dello scoramento e delle delusioni.
Papa Francesco non si stanca di dire alla Chiesa che discernimento e sinodalità sono il binario su cui camminare oggi per vivere il Vangelo. Il vescovo eletto Angelo, viene inviato a noi per presiedere e accompagnarci in questo travaglio ecclesiale di discernimento e sostenerci nella fatica della fedeltà vera.
Buona domenica a tutti voi che leggete
Don Giuseppe Alcamo