Scatta da giovedì l’obbligo di indicare, nell’etichetta degli alimenti, la sede e l’indirizzo dello stabilimento di produzione o di confezionamento. In caso di inadempimento, previste sanzioni che vanno da 2mila ai 15mila euro. “Questa norma – spiega la Coldiretti – è sostenuta dai consumatori che per l’84% ritengono fondamentale conoscere, oltre all’origine degli ingredienti, anche il luogo in cui è avvenuto il processo di trasformazione”.
Secondo l’associazione è però necessario un ulteriore passo avanti, ovvero l’indicazione obbligatoria in etichetta per tutti gli alimenti anche dell’origine degli ingredienti. La Coldiretti afferma infatti che sia proprio l’origine dei cibi a determinare le scelte di acquisto del 96% dei consumatori. “Due prosciutti su tre venduti oggi in Italia provengono da maiali allevati all’estero – si legge sul sito dell’associazione – senza che questo venga evidenziato chiaramente in etichetta dove non è ancora obbligatorio indicare l’origine, come avviene anche per il fiume di 200 milioni di chili di succo di arancia straniero che valica le frontiere e finisce nelle bevande all’insaputa dei consumatori perché l’etichetta non lo dice”.
Molti prodotti che i consumatori trovano sugli scaffali, per la precisione il 14%, fanno riferimento all’Italia riportando sulla confenzione il tricolore. Sono poi il 25% quelli che, pur non sfruttando la bandiera, richiamano all’italianità. Riportando questi dati, la Coldiretti sottolinea che tali simboli vengono usati spesso a sproposito e per questo ha avviato una campagna per “fermare il cibo falso e proteggere la salute, tutelare l’economia e bloccare le speculazioni”.
(Fonte: Tgcom24.mediaset.it)