In una delle ultime sedute di giunta, Renato Schifani ha confidato il piano agli assessori: «Sulle Province bisogna fare presto, la nostra dev’essere la Regione-pilota sulla riforma nazionale». Il governatore, superato lo scoglio della manovra all’Ars, vuole «mettere mano al programma che abbiamo presentato ai siciliani». In cima al quale spicca il ripristino delle Province, “rottamate” da Rosario Crocetta in diretta tv da Giletti all’apice del flirt populista con il M5S del cosiddetto “modello Sicilia”.
Il mandato all’assessore Messina
Ma ora i tempi sono cambiati. E anche a Roma sembra arrivato il tempo di abrogare la legge Delrio. Il presidente della Regione vorrebbe arrivare a quel momento con i compiti a casa già fatti. Perciò ha dato mandato all’assessore alle Autonomie locali, Andrea Messina, di mettere in moto i suoi uffici. Che già hanno acquisito la bozza di riforma che circola al Parlamento nazionale, «per confrontare la compatibilità del percorso che s’immagina a livello nazionale con le nostre norme regionali». Un lavoro tecnico che s’incrocia con istanze politiche. Come l’indignata reazione dello stesso Schifani, nel corso dei sopralluoghi nel Sud-Est siciliano dopo l’ultima ondata di maltempo. «Non si può tollerare uno stato d’incuria e di abbandono così pesante».
La tutela del territorio
E infatti nell’ipotesi di Province 4.0 che piace al governatore, oltre alle vecchie competenze (oggi gestite nel caos e con risorse ridotte all’osso), c’è un preciso ruolo sulla tutela del territorio. Previsto in parte, sulla carta, dalle legge regionale 15/2015, ma mai applicato. E in linea, fra l’altro, con il progetto del governo Meloni. Non soltanto trasporti, viabilità, scuole e servizi pubblici sovracomunali, ma anche una vera e propria pianificazione territoriale. Fra le idee di nuovi compiti: supporto informatico e assistenza tecnica ai Comuni, anche sugli appalti.
L’elezione diretta di presidente e consiglieri
Ma la parte che interessa di più ai partiti del centrodestra è il ripristino dell’elezione diretta di presidente e consiglieri. Un potenziale serbatoio di poltrone in palio, un patrimonio utile anche nelle trattative per le imminenti Amministrative. Già, perché i posti che torneranno disponibili con le Province potranno servire da compensazione per i delusi della prossima primavera. In ballo centinaia di poltrone, se la norma siciliana dovesse adeguarsi alla bozza romana. Nelle Città metropolitane (Palermo, Catania e Messina) si potrebbe arrivare a dei consigli provinciali fra 25 e 30 componenti, presidente escluso, con giunte di 6-8 assessori; negli attuali Liberi consorzi, «con un sistema di attribuzione proporzionale al numero di abitanti, fra l’altro allineato all’imminente aggiornamento Istat», ricorda l’assessore Messina, il numero di poltrone scenderebbe. Fino a un minimo di 20 scranni in consiglio e squadre di 4-6 assessori. Numeri comunque inferiori ai vecchi enti, che in Sicilia sono commissariati da una dozzina d’anni. «Ma questi aspetti più delicati – ammette l’esponente di governo della Nuova Dc – andranno valutati anche in un confronto fra i capigruppo della maggioranza, oltre che nel governo regionale». Prima di navigare nel mare aperto e tempestoso dell’Ars.
Garantire la governabilità
Il modello di legge elettorale che sembra piacere di più al centrodestra nazionale è l’elezione diretta del presidente con quorum al 40% (identico alla legge siciliana sui sindaci) ed eventuale doppio turno. Ipotizzato anche un premio di maggioranza (fino al 60%) per garantire la governabilità, con una soglia di sbarramento del 3% per le liste in consiglio, nell’ambito di un sistema molto simile a quello delle Regionali. Ovvero: il proporzionale con collegio unico provinciale. Ma ci sarà tempo. «Se il parlamento nazionale non abroga prima la legge Delrio – precisa Messina – noi non possiamo fare una legge regionale in contrasto con l’attuale quadro normativo, perché sarebbe oggetto di impugnativa».La legge no, certo. Ma l’apertura del dossier va fatta subito, anche in una delle prossime sedute di giunta (s’ipotizza quella di venerdì prossimo) secondo il timing imposto da Schifani. Che, in materia di elezioni, ha dovuto inghiottire il rospo melonian-lombardiano del mancato allineamento delle amministrative alla date nazionale. E ora, però, non intende cedere al pressing delle stesse aree della maggioranza sull’estensione del terzo mandato dei sindaci ai comuni fino a 15mila abitanti. «Non cambio le regole del gioco a partita in corso: la norma verrebbe impugnata un minuto dopo», è la linea di Palazzo d’Orléans. Dove adesso la priorità è far resuscitare le care vecchie Province in Sicilia.Twitter: @MarioBarresi
Fonte: Lasicilia.it