«Il Decreto legge vigente prevede dal 3 giugno spostamenti infraregionali. Al momento non ci sono ragioni per rivedere la programmata riapertura degli spostamenti. Monitoreremo ancora nelle prossime ore l’andamento della curva». Lo afferma il Ministro della Salute, Roberto Speranza, al termine della riunione dei capidelegazione.
Il ministro per gli Affari Regionali Francesco Boccia sentirà i presidenti delle Regioni nelle prossime ore, per continuare a confrontarsi sulla apertura agli spostamenti infraregionali dal 3 giugno. Il confronto, viene spiegato, andrà avanti nei prossimi giorni come già accaduto per tutta la settimana. Non è invece al momento prevista una riunione della conferenza Stato-Regioni.
«Al momento non c’è in Italia alcuna situazione critica relativa all’epidemia di Covid-19». I dati dell’Istituto superiore di sanità spingono verso la riapertura completa del paese: il 3 giugno dovrebbero dunque cadere i divieti di spostamento e dovrebbe essere possibile tornare a muoversi liberamente in tutta Italia, dopo quasi tre mesi.
Con gli scienziati che però avvertono: l’incidenza dei casi «è molto eterogenea» sul territorio nazionale, ci sono Regioni con un numero molto elevato e altre a basso contagio; ecco perché, nel momento in cui aumenterà «la frequenza e l’entità» della circolazione nel paese, bisognerà avere molta cautela ed essere pronti a isolare gli eventuali nuovi focolai.
«I dati del monitoraggio sono incoraggianti. I sacrifici importanti del lockdown hanno prodotto questi risultati. Dobbiamo continuare sulla strada intrapresa con gradualità» si sbilancia il ministro della Salute Roberto Speranza, uno di quelli nel governo che fin dall’inizio dell’emergenza ha mantenuto sempre una linea di rigore e prudenza.
Ed è stato proprio Speranza, nel vertice convocato dal premier Giuseppe Conte con i capi delegazione della maggioranza, i ministri Francesco Boccia, Luciana Lamorgese, Luigi Di Maio e il sottosegretario Roberto Fraccaro, ad illustrare l’andamento della curva e il monitoraggio relativi alla settimana dal 18 al 24 maggio, quella che ha coinciso con la riapertura di bar, ristoranti negozi e, anche, con i primi ‘assembramentì nelle piazze della movida.
In sostanza, ha spiegato, il famigerato Rt (l’indice di trasmissibilità del virus) è sotto l’1 in tutte le Regioni, il trend dei nuovi casi è in diminuzione e anche se alcuni territori hanno ancora una base numerica molto alta, c’è una buona capacità di reazione del sistema sanitario. Dunque discorso chiuso? Non ancora, anche se il pressing sul governo per riaprire tutto il paese il 3 è fortissimo: da governatori, opposizione, categorie economiche e anche da chi nella maggioranza finora non si era sbilanciato: il capo grillino Vito Crimi, che due giorni fa chiedeva che fossero consentiti solo «spostamenti in aree limitrofe, considerando che in Lombardia ancora si muore», spinge ora per una riapertura totale: «non credo sia il caso di prorogare ulteriormente, credo che si debba aprire il 3 senza differenziazioni tra Regioni». Il governo si prenderà quindi ancora qualche ora, prima di formalizzare la decisione. Innanzitutto, nell’analizzare i dati gli scienziati hanno sottolineato più volte che il virus è tutt’altro che sconfitto, visto che sono già stati individuati “nuovi focolai» e che la situazione è «epidemiologicamente fluida» in molte Regioni.
Dunque se anche si decide di riaprire ci deve essere il «rispetto rigoroso» delle misure di distanziamento, igiene e divieto di assembramento. Non solo: i sistemi sanitari devono continuare ad essere rafforzati per fronteggiare una possibile risalita dei contagi e bisogna essere pronti, come dice il viceministro alla Salute Pierpaolo Sileri, ad isolare eventuali zone rosse: «in caso di variazioni possono essere necessari passi indietro chirurgici». Perché queste sono le uniche ‘armì a disposizione per contrastare la diffusione.
C’è poi un altro aspetto che è invece tutto politico. Ed è la preoccupazione di diverse Regioni, soprattutto quelle del centro sud che hanno un numero di casi molto basso, di trovarsi il virus in casa per gli spostamenti di chi arriva da territori dove invece la circolazione del Covid è molto più alta. Un timore già espresso nei giorni scorsi da Sardegna, Sicilia, Puglia alle quali oggi si è aggiunto anche il Lazio e la Campania, con Vincenzo de Luca che come al solito non ha usato giri di parole: «è del tutto ragionevole – ha detto il governatore campano – che se c’è un territorio con un altissimo numero di contagiati, questo territorio debba avere delle limitazioni alla mobilità».
Fonte: gds.it