A 10 anni dall’istituzione voluta dall’Oms della Giornata Mondiale della Consapevolezza dell’Autismo, il cammino verso l’uguaglianza e la pari opportunità per le persone con questo disturbo è ancora all’inizio. Le associazioni Anffas, Angsa, Gruppo Asperger, Fish, colgono l’occasione del due aprile, giorno della celebrazione, per lanciare un appello alle istituzioni affinchè non ci si fermi solo al lancio di palloncini e facciate di palazzi colorate di blu. Chiedono invece alle istituzioni di spiegare che cosa si è fatto e cosa si sta facendo per rendere esigibili i diritti e garantire la migliore qualità di vita per le persone con disturbi dello spettro autistico.
Roberto Speziale, presidente Anffas (Associazione Nazionale Famiglie di Persone con Disabilità Intellettiva o Relazionale), sottolinea la mancanza dei Livelli essenziali per l’autismo come previsto dalla legge: “c’è anche motivo di ritenere – afferma – che difficilmente ci saranno a breve. Troppi sono ancora i diritti negati alle persone con questi disturbi, troppo sole sono lasciate le famiglie e troppe sono le persone che dovrebbero arrossire a causa di ritardi, inefficienze e mancate promesse”. E ribadisce il profondo gap di assistenza tra le regioni: “Chi nasce disabile in Meridione è sfortunato due volte, perchè i centri specialistici sono molto pochi o completamente assenti. Per avere una diagnosi e una terapia si finisce per dover emigrare in regioni come la Lombardia, il Piemonte, l’Emilia Romagna”. Nel mondo un bambino ogni 100 (negli Usa 1 ogni 68) ha un disturbo dello spettro autistico e il fenomeno è in crescita. In Italia sono 500.000 le famiglie coinvolte. L’esordio della malattia è precoce, fra i 14 e i 28 mesi, e dura per tutta la vita. L’autismo compromette la capacità di interagire e di comunicare con gli altri e l’intervento precoce è fondamentale.
L’origine è genetica, ma sono implicati anche fattori ambientali, come è emerso da numerosi studi, come l’esposizione ad agenti inquinanti durante la gravidanza. Altri elementi di rischio sono l’età avanzata dei genitori (soprattutto del papà), il basso peso alla nascita o la forte prematurità. Non esiste una cura che consenta di guarire dall’autismo, spiegano gli esperti dell’Ospedale Bambino Gesù di Roma, ma esistono trattamenti, come il parent training, che migliorano significativamente la sintomatologia e la qualità di vita. Al Bambino Gesù si effettua da anni una ‘terapia cooperativa mediata dai genitori’ che si rivolge a tutto il nucleo familiare e coinvolge il bambino a partire dall’età prescolare, a volte subito dopo la diagnosi. Soprattutto nei Paesi a basso o medio reddito, la conoscenza dell’autismo è ancora limitata e l’accesso alla diagnosi e ai trattamenti è di fatto precluso. Per reagire a questo squilibrio, segnalato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, nell’Ospedale pediatrico romano è nato un network internazionale composto da clinici e ricercatori provenienti da 20 Paesi e 4 continenti. L’obiettivo: sviluppare e condividere protocolli di valutazione, diagnosi e trattamento open-acces, cioè senza copyright, quindi meno costosi e più facilmente accessibili.
(Fonte: Ansa.it – Silvana Logozzo)