Spesso si sente parlare di usucapione, per questo è importante capire cos’è e come funziona.
L’usucapione è un istituto previsto dal Codice civile che consente, a chi utilizza un immobile altrui per oltre 20 anni, di rivolgersi al tribunale per ottenere il riconoscimento della proprietà anche senza il consenso del titolare.
Affinché si possa verificare l’usucapione, sono necessari una serie di presupposti:
1. il possesso del bene deve essere stato acquisito né in modo violento, né clandestino. (chi entra in casa altrui senza il consenso del proprietario e decide di restare non può mai usucapire);
2. il possessore deve essersi comportato come se fosse l’effettivo proprietario; non deve cioè assumere dei comportamenti che possano lasciare intendere che egli riconosca la proprietà altrui (si pensi alla cessazione del pagamento di un canone di affitto, il cambiamento di serratura dell’appartamento, l’effettuazione di lavori di ristrutturazione edilizia);
3. questa situazione si deve protrarre per almeno 20 anni (il possesso deve essere continuo e ininterrotto nel tempo); durante tale termine, il proprietario non deve mai aver agito con un’azione giudiziaria per la rivendica della proprietà. Non è sufficiente reclamare la restituzione del bene con una semplice raccomandata.
Vediamo, quindi, se è possibile per due ex coniugi usucapire la casa coniugale assegnata all’altro.
Prendiamo in esame una vicenda trattata di recente dalla Corte di Cassazione (ord. n. 27411/19) in cui, due coniugi, dopo aver convissuto per più di 20 anni, cessavano il rapporto affettivo per abbandono del tetto coniugale da parte del marito che si trasferiva altrove, per aver instaurato un’altra relazione.
L’appartamento dove la donna aveva continuato a vivere insieme ai suoi figli, nel frattempo veniva venduto ad un terzo acquirente.
Nell’immobile l’ex moglie, visto anche il disinteresse del marito, aveva provveduto a far eseguire degli interventi di manutenzione e ristrutturazione.
Per questo, oltre che per il notevole lasso di tempo trascorso, la signora riteneva di aver maturato i requisiti per la configurazione dell’usucapione e l’acquisto definitivo dell’immobile.
Si rivolgeva così al tribunale al fine di ottenere la dichiarazione di inefficacia della vendita al terzo acquirente.
La Cassazione, dinanzi cui giungeva la vicenda, pur ritenendo astrattamente possibile l’usucapione tra ex coniugi, ha rigettato la richiesta di usucapione della signora e condannato la stessa al rilascio immediato della casa a favore del terzo acquirente.
Secondo la Corte, infatti, non è sufficiente il fatto che la moglie, cui era stata assegnata la casa, avesse vissuto per 20 anni senza pagare un canone o che avesse fatto eseguire dei lavori per sistemare l’appartamento secondo i propri gusti senza che il marito si sia interessato delle condizioni dell’immobilea, ma è necessario avere agito come il legittimo proprietario dello stesso.
In pratica è’ necessario un comportamento non da semplice detentore, ma da titolare (c.d. interversione del possesso).
In mancanza della prova di tale atteggiamento da parte dell’ex moglie che si sia comportata come “unica proprietaria del bene”, anche il prolungato esercizio del potere di fatto sulla casa coniugale non fa scattare l’usucapione”.
Avv. Giuseppina Gilda Ferrantello