ISLAMABAD – A quasi sei anni dall’attentato dei talebani che stava per ucciderla, Malala Yousafzai, la più giovane Premio Nobel per la Pace della storia, è tornata oggi in Pakistan. Coronando un sogno che, ha detto, “ho coltivato giorno dopo giorno, e che ancora non posso credere sia divenuto realtà”. Proveniente da Dubai, Malala è giunta a sorpresa in piena notte ad Islamabad in compagnia dei suoi più stretti famigliari e dei responsabili della Fondazione da lei creata per favorire l’emancipazione scolastica di bambine e ragazze nelle zone più difficili del Pakistan e del resto del mondo islamico.
La visita è stata segreta al punto tale che nessuno ha assistito al suo arrivo e al lungo corteo di auto degli agenti di scorta che ha portato l’ormai ventenne pachistana residente in Gran Bretagna verso il centro della capitale. L’appuntamento clou della prima delle quattro giornate che trascorrerà nella sua terra è stato con il premier Shahid Khaqan Abbasi, a cui Malala ha spiegato che “ho sempre desiderato tornare in Pakistan e muovermi liberamente, perché voglio investire qui nell’istruzione dei bambini”. E poi, con le lacrime agli occhi, ha rivelato che “nei miei tanti viaggi, quando in aereo o in auto arrivavo a New York o a Londra, mi dicevo: ‘Ecco immaginati che siamo giunti in Pakistan, che stiamo attraversando Islamabad, che questa è Karachi. Ma non era mai vero'”.
“Avevi 13 anni quando sei andata via, ed ora sei il cittadino più famoso di questo Paese – le ha risposto Abbasi -. Il mondo intero ti ha conferito onori e rispetto, e anche il Pakistan lo farà”. “Dopo la tua partenza – ha proseguito alludendo all’attentato che nel 2012 le sfigurò il viso più volte operato – abbiamo combattuto una difficile guerra in cui 6.500 soldati, 25.000 agenti di polizia, paramilitari e civili hanno perso la vita. Abbiamo assestato duri colpi al terrorismo, ma ancora oggi 200.000 uomini lo stanno combattendo”.
I leader dei principali partiti politici si sono rallegrati per la visita e l’ex campione di cricket Imran Khan, ora alla guida di una formazione di opposizione, ha sostenuto che “essa rappresenta un segno della sconfitta dell’estremismo nel Paese”. Ma nonostante il suo coraggio Malala non ha ricevuto solo elogi. Kashif Mirza, presidente della Federazione delle scuole private pachistane, organismo che riunisce 200.000 istituti, ha sostenuto che “domani nelle nostre scuole sarà diffuso lo slogan ‘Io non sono Malala’. E chiariremo che pubblicando la sua biografia lei ha operato contro il Pakistan, la Costituzione e gli insegnamenti islamici”.
A quanto sembra la giovane Premio Nobel non visiterà la sua città, Mingora, nella Valle dello Swat, dove fu attaccata da un commando di talebani che la ferirono gravemente alla testa sfigurandole il volto quale punizione per l’attività di blogger in difesa dell’istruzione delle bambine. Dopo l’attentato la giovane si è trasferita in Gran Bretagna, a Birmingham, e dal 2017 frequenta l’università di Oxford.
(Fonte: Ansa.it – Maurizio Salvi)