“Il giorno giusto” è un romanzo scritto da Annamaria Piazza, docente di Lettere nel Liceo Adria-Ballatore di Mazara del Vallo. Il libro, a poco più di un mese dalla sua uscita, ha riscontrato il favore del pubblico che ha definito la storia narrata coinvolgente ed emozionante. La protagonista è Ada Lisi, insegnante, moglie e madre di due giovani adulti che vive una fase della propria vita in cui i riferimenti di un tempo che hanno caratterizzato la sua formazione di donna e di professionista sono ormai lontani. Chiediamo alla stessa autrice di parlarci di questo libro.
Come nasce questo romanzo?
Nasce da un’esigenza, ad un certo punto della propria vita, di fermarsi e guardarsi intorno, fare un bilancio, riflettere se siamo noi a governare la nostra esistenza o è la vita che ci trascina altrove, lontano dai nostri obiettivi o addirittura lontano da noi stessi. E’ quello che accade alla protagonista, una donna che conduce una vita come tante altre ma che avverte di non essere più in sintonia con il mondo e con se stessa. Dunque decide di riprendere in mano la propria vita e di cambiare direzione. In realtà non si tratterà di un vero cambio di rotta ma più semplicemente di ritornare ad un’originaria armonia turbata dalle contingenze cui spesso costringe la vita.
La protagonista è una donna e un’insegnante. Infatti è proprio dalla scuola che prende avvio la storia. Possiamo dire che la scuola è uno dei temi del romanzo?
Certo, ma non è l’unico. E’ chiaro che la scuola, specialmente per una insegnante come la protagonista, rappresenta un osservatorio privilegiato da cui guardare alla società ma ovviamente non solo per chi ci lavora: la scuola riguarda i giovani che la frequentano e i genitori che vi mandano i propri figli. Ma direi che la scuola riguarda tutta la società perché è da lì che viene fuori la classe dirigente del futuro e la società civile. Dunque è un tema importante su cui riflettere, ora più che mai. Da decenni la scuola vive un disagio legato a politiche che ne hanno mortificato la missione di fondo che è quella di formare le coscienze critiche e di non assoggettarsi a logiche aziendali che invece alla fine hanno prevalso.
Tra gli altri temi possiamo anche individuare l’ipocrisia dei rapporti sociali e interpersonali, la riflessione sul tempo che scandisce le nostre esistenze, la perseveranza nel realizzare i propri sogni, la fedeltà ai propri ideali.
Sì, la protagonista riflette su tutti questi aspetti della vita. La riflessione sul tempo mi sembra la più interessante. I tempi a cui ci costringe la società di oggi sono sempre più convulsi, frenetici, talora disumani. Il tempo saturo di impegni, alcuni improrogabili, altri non indispensabili ma imposti da una cultura che crede che la realizzazione individuale passi attraverso un attivismo compulsivo, ci allontana da noi stessi, dalla riflessione sulle cose veramente importanti. Anche la scuola ha perduto questa dimensione del tempo disteso che è quello dell’apprendimento: troppe attività, troppi progetti, troppa burocrazia che finisce per stressare alunni, docenti e genitori. Anche i rapporti interpersonali vengono compromessi dalla superficialità cui costringe il tempo che è sempre troppo poco. E poi c’è l’ipocrisia che caratterizza da sempre la cultura borghese.
In questo romanzo la scrittura sembra avere un ruolo quasi terapeutico.
Non solo terapeutico ma anche disvelatore delle ambiguità, chiarificatore di ogni possibile fraintendimento. La protagonista, che ad un certo punto decide di approcciarsi alla vita in modo autentico, sente che la scrittura diventa uno strumento indispensabile per fare questo in quanto la scrittura è esercizio, impegno, riflessione, consapevolezza. La scrittura diventa l’ancora di salvezza in un mondo fatto di tante chiacchiere, parole urlate, spesso incoerenti, svilite, usurate a tal punto che non significano più niente.
Nella storia che vede protagonista il personaggio femminile di Ada Lisi, entra anche la pandemia. Quali riflessioni vengono fuori da questo particolare momento che il mondo intero sta vivendo?
Ognuno ha un suo modo di vivere le situazioni anche difficili che la vita ci impone. La protagonista coglie l’opportunità di vivere il tempo sospeso della pandemia come un appuntamento con se stessa. Il mondo si ferma nel suo frenetico attivismo ma il tempo dell’anima continua, deve continuare ed è proprio da questa circostanza inattesa, straordinaria nel senso etimologico del termine, che tutti dovrebbero trovare nuove vie ,nuove soluzioni , l’occasione per cambiare rotta. Dice Ada che mai nulla è veramente finito anche dopo tragedie immani. La capacità straordinaria dell’uomo è proprio quella di sapersi reinventare, di saper trovare nuove opportunità per continuare ad affrontare situazioni nuove. Il messaggio che viene fuori da questa storia è assolutamente positivo, costruttivo. Ada si è reinventata ritrovando se stessa e costruendo un nuovo rapporto con gli altri e con il mondo che la circonda.
La narrazione usa spesso l’arma dell’ironia per raccontare situazioni e persone. L’ironia è uno strumento che può venire in soccorso in momenti difficili?
Dipende. E’ovvio che le situazioni tragiche richiedono serietà. L’ironia serve molto per affrontare e superare situazioni sgradevoli, che ci mettono a disagio, che magari ci fanno male perché riteniamo ingiuste, allora in quel caso l’ironia consente di guardare con occhio straniato alle cose e alle persone che ci circondano e capire che non esiste un punto di vista univoco. L’ironia è la chiave per disarmare chi pensa di avere sempre ragione e si prende troppo sul serio.
Qual è il “giorno giusto”?
E’ quello in cui si ha il coraggio di voltare le spalle a tutto ciò che non ci corrisponde, che non ci fa stare bene e in cui finalmente si decide di dare voce alle esigenze più profonde dell’anima
Vivi Mazara