Italiani più vecchi e soli. E’ questo quello che emerge dal rapporto annuale dell’Istat, secondo cui la popolazione totale diminuisce per il terzo anno consecutivo di quasi 100mila persone rispetto al precedente. L’Italia è il secondo Paese più vecchio del mondo: 168,7 anziani ogni 100 giovani. Il Paese appare anche più fragile rispetto all’Ue: il 17,2%, contro il 15,5% della media Ue, si sente privo o quasi di sostegno sociale.
Per il nono anno consecutivo le nascite in Italia sono in calo. L’anno scorso ne sono state stimate 464mila, il 2% in meno rispetto all’anno precedente e nuovo minimo storico. La contrazione delle nascite, rileva l’Istat, ha una forte componente strutturale e interessa tutte le aree ma in particolare il centro Italia con una contrazione del 4,6%. Rispetto al 2008 il calo delle nascite ammonta a oltre 100mila unità, -19%.
Lavoro, maglia nera al Sud – L’Istat rileva che “il Mezzogiorno rimane l’unica ripartizione geografica con un saldo occupazionale negativo rispetto al 2008 (-310mila, -4,8%)”. Quindi il Sud non ha ancora recuperato i livelli pre-crisi. E ancora, al Mezzogiorno la quota di giovani 15-29enni che non studiano e non lavorano, conosciuti con l’acronimo inglese di Neet, è più che doppia rispetto a quella dell’Italia settentrionale. I Neet seppure in calo, a 2,2 milioni nel 2017, sono ancora il 24,1%, dal 16,7% del Nord al 34,4% del Sud.
Spariscono artigiani e operai – Sempre sul fronte del lavoro il rapporto Istat mostra inoltre come in un decennio la “mappa occupazionale” sia cambiata e il lavoro manuale abbia segnato una decisa contrazione: tra il 2008 e il 2017 sono scesi di un milione gli occupati classificati come “operai e artigiani” mentre si contano oltre 860mila unità in più per le “professioni esecutive nel commercio e nei servizi”, in cui rientrano gli impiegati con bassa qualifica che potrebbero essere ribattezzati come i “nuovi collettivi bianchi”. E ancora, se nell’industria si sono perse 895mila unità nei servizi se ne sono guadagnate 810mila.
Ascensore sociale bloccato – Nella fotografia scattata dall’Istituto di Statistica emerge inoltre che l’ascensore sociale è bloccato. La dote familiare in termini di beni economici ma anche di titoli di studio e attività dei genitori è “determinante” per avere successo nello studio e nel lavoro: solo il 18,5% di chi parte dal basso si laurea e il 14,8% ha un lavoro qualificato. La cerchia di parenti e amici è anche decisiva nel trovare e non solo nel cercare un impiego: lavora grazie a a questo “canale informale” il 47,3% (50,6% al Sud) contro il 52,7% che l’ha ottenuto tramite annunci, datori di lavoro agenzie, concorsi.
(Fonte: Tgcom24.mediaset.it)