La Sicilia sta per avere una nuova legge sulla pesca. Due i testi messi assieme, uno a firma dell’assessore Edy Bandiera e l’altro dai deputati del Pd Michele Catanzaro, Giuseppe Arancio e Giovanni Cafeo. Manca solo un emendamento, che è ancora in commissione bilancio che istituisce un fondo da 1,5 mln per le emergenze delle marinerie dell’Isola.
Per il resto il testo composto di 42 articoli norma tutti gli aspetti della pesca, settore di cui la Regione ha competenza esclusiva (entro le 12 miglia) come quello della caccia, e che interessa 2.775 imbarcazioni iscritte nei 44 distretti marittimi della Regione secondo i dati dell’ultimo rapporto disponibile relativo all’anno 2017. Un settore che, però, in dieci anni ha perso 450 pescherecci. Nascono il «turismo azzurro» e le strade del tonno rosso e vengono regolamentate anche le attività sportive, ricreative e professionali che si muovono attorno al settore introducendo sanzioni per chi non le rispetta. «Dopo 18 anni si sta riordinando il settore», ha commentato Catanzaro «e per me che vengo da Sciacca una delle marinerie più importanti della Sicilia è un grande orgoglio avere contribuito a questa legge».
Il lavoro in commissione ha portato alla rielaborazione di un nuovo testo a partire dai due disegni di legge che erano stati presentati un anno fa «introducendo altresì nuove disposizioni la cui opportunità e urgenza sono state segnalate, nel corso dell’esame istruttorio, dalle diverse componenti sociali ed imprenditoriali del mondo della pesca che sono intervenute durante i lavori in Commissione», come si legge nella relazione che accompagna il testo.
La legge regolamenta gli strumenti di programmazione del settore ad iniziare dai piani di gestione locale ed introduce anche norme in materia di tutela delle tradizioni culturali della pesca istituendo i registri delle identità mediterranee e dei borghi marinari. Nascono, inoltre, le strade del tonno rosso: itinerari culturali che potranno essere istituiti con lo scopo di valorizzare i paesaggi, gli ambienti e gli strumenti legati alla tradizione di questo pesce. Ma sono anche normate le attività di commercio dei prodotti ittici come la vendita diretta nei porti e quella nei mercati ittici ed anche le attività di pesca professionale, in cui rientrano il pescaturismo e l’ittiturismo. Attività che, insieme ad altre attività collaterali come la ristorazione e l’attività didattica a bordo e in banchina, costituisce il Turismo azzurro, disciplinato da articolo ad hoc della legge. Nel testo viene fornita la definizione e la disciplina delle barche didattiche, cioè imbarcazioni dove si esercitano attività educative e promozionali per diffondere la cultura del mare e della pesca e si forniscono le definizioni di pesca sportiva e ricreativa, prevedendo una serie di divieti specifici per quest’ultima e individuando gli attrezzi consentiti per l’esercizio.
La legge, inoltre, pone particolare attenzione ad innovare le attività degli imprenditori ittici favorendo lo sviluppo di diverse attività connesse alla pesca: come la vendita diretta, la tutela ambientale, il pesca turismo e l’ittiturismo. Si cerca dunque di allargare l’orizzonte delle attività legate alla pesca sperando anche di aumentare i fatturati dei pescatori. «Un deciso cambio di passo», ritiene il dirigente generale del dipartimento regionale Dario Cartabellotta, «rispetto alla ‘rottamazione’ dei pescherecci che era stata promossa fino a qualche tempo fa dall’Unione europea». A sostegno delle attività di chi pratica la pesca come un lavoro, inoltre, nasceranno i mercati del pescatore (sulla falsariga di quelli del contadino) e saranno creati dei mercati ittici anche nei porti e luoghi di sbarco.
Ma la pesca è snodo di relazioni internazionali. Per questo la legge si pone anche l’obiettivo di sostenere le relazioni e la cooperazione transfrontaliera mediterranea attraverso specifiche misure di intervento per la valutazione, la creazione e la gestione di zone di protezione, di ripopolamento degli stock ittici e di recupero degli ecosistemi associati. Una bella sfida, soprattutto se si pensa come dall’altro lato del Mediterraneo i numero della pesca sono ben diversi da quelli siciliani. Basterebbe ricordare che la sola flotta egiziana è cresciuta del 40% nel periodo 1997-2015, raggiungendo quasi 5.000 natanti, dei quali oltre il 62% pesca nel Mediterraneo, spesso nelle stesse aree della pesca a strascico delle barche siciliane.
(Fonte: Tp24.it)