Laura Bonafede, la figlia del boss di Campobello arrestata per il favoreggiamento di Matteo Messina Denaro, temeva i controlli, usava nomi in codice ed era sempre attenta ai «nemici», così chiama le forze dell’ordine, tanto che a un certo punto decise e comunicò al capomafia latitante che era «meglio evitare di viaggiare con scritti, i nemici sono troppo assetati di risvolti e possono tentare di tutto, Semmai si può cercare un’altra soluzione».
«Oggi mi sono molto arrabbiato perché i nemici non mollano», scriveva in un pizzino trovato dai carabinieri parlando di sé al maschile per cautela. «Sono stato al mio supermercato preferito – si legge nel messaggio – a fare un cambio di un articolo e siccome mi ero dimenticato la lista della spesa sono andato un’altra volta e subito dopo di me è entrato uno che mi girava intorno e quando ho chiamato al telefono Lupetta (la figlia Martina, ndr) si è avvicinato per sentire. Mentre parlavo con Lupetta, dissi che c’era uno che mi girava intorno e che sicuramente era uno sbirro», dice senza mezzi termini. «Questo atteggiamento che continuano ad avere – prosegue – mi fa diventare troppo nervoso. La prossima volta che succede, perché succederà ancora, dirò perché mi gironzola attorno e cosa vuole. Ogni tanto vanno alla carica».
La figlia del vecchio patriarca di Campobello di Mazara era fortemente interessata alle sorti della famiglia mafiosa del paese e del suo capo del momento, Franco Luppino, che la donna in codice chiamava «Perlana». E condivideva con Matteo Messina Denaro, allora latitante, la preoccupazione che uno degli ultimi blitz antimafia che, a settembre, aveva decapitato la famiglia di Campobello e portato all’arresto di Franco Luppino, potesse pregiudicare la latitanza del boss. Dalle lettere trovate dal Ros dei carabinieri si comprende che la composizione della famiglia mafiosa di Campobello, l’affidabilità dei suoi affiliati e in generale la capacità di controllo del territorio erano argomenti che stavano molto a cuore alla Bonafede. «Una volta mi dicesti che “persone non ce ne sono più”», scriveva riferendosi al fatto che gli arresti avevano decimato i clan e che non c’erano più gli uomini d’onore d’un tempo. «Perlana ci serviva», diceva la donna al capomafia parlando di Franco Luppino, finito in manette. Dure le critiche rivolte a due mafiosi, «Solimano» e «Pancione», entrambi nomi in codice. «Ma Pancione ci sta pensando da solo» e «mangia come un porco, nemmeno può camminare più», diceva, sostenendo che si sarebbe ucciso prima che qualcuno fosse riuscito ad eliminarlo.
Da un brano di una lettera del 3 dicembre 2022, inoltre, si capisce che Laura Bonafede ed il latitante condividevano anche interessi economici. La donna informava Matteo Messina Denaro di prezzi e «obiettivi», da intendersi come margini di profitto. «Da questi scarni riferimenti si coglie la condotta di sostentamento economico da parte della donna, che si faceva carico per conto del latitante, della gestione di attività economiche, consentendogli così di non esporsi direttamente con il rischio di essere catturato» ritengono gli inquirenti. «Prezzo: 0,75 euro, praticamente la metà. Invece l’integro 1,50 euro. Se non ci fosse stato questo imprevisto sarebbe stato raggiunto un buon obiettivo ma va bene lo stesso», scriveva.
Fonte: Gds.it