Oltre al danno, la beffa, La motovedetta “Obari” in dotazione alla Guardia Costiera libica che ieri ha sparato alcuni colpi d’avvertimento verso i tre pescherecci italiani è stata ceduta alle autorità di Tripoli dall’Italia, nell’ambito della fornitura di mezzi navali per rafforzare il contrasto all’immigrazione clandestina da parte della Libia.
La motovedetta, quando era in servizio in Italia, si chiamava “G92 Alberti”: era in dotazione alla Guardia di Finanza e faceva parte della classe “Corrubia”, motovedette d’altura con 14 persone di equipaggio lunghe 27 metri. E’ stata cancellata dal ruolo speciale del naviglio militare dello Stato il 10 luglio del 2018 in seguito al decreto che ha disposto la cessione alla Libia di 12 motovedette, dieci “Classe 500” della guardia Costiera e due unità navali della classe “Corrubia”.
Davanti agli occhi i momenti terribili vissuti ieri: «Erano le 14 quando tutto è successo – racconta – mentre eravamo in navigazione verso Nord-est ci ha raggiunto una motovedetta libica e ha iniziato a sparare. I colpi ci hanno raggiunto e i
vetri della plancia sono andati in frantumi».
Il comandante ricostruisce quegli attimi convulsi, mentre i militari libici sparavano ad altezza d’uomo per costringere l’Aliseo a fermarsi. «E’ stato un inferno. Io sono rimasto ferito al braccio e anche alla testa perchè il finestrino della cabina è andato in frantumi e le schegge di vetro mi hanno colpito».
Poi Giuseppe Giacalone racconta che i militari a bordo della motovedetta, non appena si sono resi conto del suo ferimento, hanno cercato di giustificarsi: «”Perdono, perdono, ora ti soccorriamo” ripetevano mentre la nostra imbarcazione veniva sorvolata dall’elicottero della Marina Militare italiana che è subito intervenuto in nostro soccorso».
«Al di là degli sconfinamenti dei pescherecci, che la guardia costiera libica spari segnali di avvertimento ad altezza uomo è inaccettabile. Ma quelle acque sono pericolose e proibite, noi sconsigliamo di andarci, non da qualche mese ma da dieci anni. Dall’altra parte del mare c’è un Paese dove ci sono ancora tensioni, è pericoloso», ha detto dal canto suo il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, a L’aria che tira, su La7.
Fonte: Lasicilia.it