L’ultima indagine sulla mafia dei fedelissimi di Matteo Messina Denaro porta un risvolto a sorpresa: i carabinieri del nucleo Investigativo hanno arrestato un esponente del Pd siciliano, Paolo Ruggirello, ex deputato regionale e candidato (non eletto) alle ultime elezioni per il Senato. Un ras del voto arrivato quattro anni fa nelle fila dei renziani dopo una militanza nel movimento per le autonomie e nel centrodestra. Adesso, è accusato di “associazione mafiosa”, questa la contestazione pesante che gli viene mossa dalla procura distrettuale antimafia di Palermo nell’indagine che all’alba ha portato in carcere 25 persone, fra colonnelli e gregari del clan di Trapani.
Intercettazioni e pedinamenti dicono che Ruggirello sarebbe stato a disposizione della “famiglia”, favorendo affari e assunzioni, in cambio avrebbe ricevuto sostegno elettorale. In manette, è finita anche l’ex assessore comunale di Trapani Ivana Inferrera, che nel 2017 fu candidata alle Regionali con l’Udc: è accusata di voto di scambio politico mafioso.
Il blitz
L’inchiesta decapita il nuovo vertice di Cosa nostra trapanese, composto dai figli del vecchio capomafia Vincenzo Virga, Francesco e Pietro, che dopo essere stati scarcerati avevano lanciato la riorganizzazione della cosca. Puntando soprattutto sull’edilizia, sullo smaltimento dei rifiuti e sugli investimenti nel settore del turismo, il clan aveva nominato un referente sull’isola di Favignana per gestire il Grand hotel Florio, e altri interessi economici. Adesso, è scattato un sequestro per la struttura alberghiera e per altri beni, valore 10 milioni di euro.
Questo racconta l’indagine coordinata dal procuratore di Palermo Francesco Lo Voi, dall’aggiunto Paolo Guido e dai sostituti Gianluca De Leo e Claudio Camilleri. E’ la conferma che la filiale trapanese di Cosa nostra, diretta da Matteo Messina Denaro, è il vero laboratorio della nuova mafia siciliana, che prova a ridarsi un volto rispettabile. Con una mission: abbandonare le attività criminali tradizionali sul territorio per dedicarsi ai grandi affari, grazie ad alcune complicità insospettabili. La settimana scorsa, un’altra operazione aveva portato in carcere il re delle scommesse on line della provincia, accusato di aver finanziato la famiglia Messina Denaro e di aver sostenuto l’elenzione del deputato regionale di Forza Italia Stefano Pellegrino, componente della commissione antimafia, indagato per corruzione elettorale.
Trapani zona grigia. Ora, un curioso destino accomuna i due esponenti delle famiglie più importanti della città, Paolo Ruggirello e Antonino D’Alì, l’ex sottosegretario all’Interno del governo Berlusconi. Entrambi indagati per rapporti con la mafia. D’Alì è imputato in appello, per concorso esterno.
Dagli affari alla politica
Paolo Ruggirello è cresciuto all’ombra del padre, il ragioniere di contrada Guarrato che negli anni ’60 e ’70 fu protagonista di una sorprendente scalata imprenditoriale: diventò monopolista degli appalti per le strade della provincia, proprietario della Banca Industriale e patron del Trapani calcio. E qualche sospetto di mafia raggiunse anche lui quando si trasferì a Roma.
Nel 1995, Ruggirello senior muore all’improvviso e gli affari di famiglia vengono presi in mano dalla figlia Bice, Paolo si lancia invece in politica. Inizialmente, al fianco del socialista Bartolo Pellegrino, l’assessore della giunta di Totò Cuffaro costretto alle dimissioni perché intercettato mentre parlava con un mafioso degli “sbirri”. Subito dopo, Ruggirello prende il volo nella politica siciliana, diventando presto uno dei ras del voto.
Cambi di casacca
Negli ultimi tredici anni è passato dal movimento autonomista di Raffaele Lombardo alla lista di centrodestra guidata da Nello Musumeci. Tre legislature da deputato regionale. Nel 2015, Ruggirello ha fatto il suo ingresso nel Partito Democratico, col sostegno del luogotenente di Matteo Renzi in Sicilia, il sottosegretario Davide Faraone. Le polemiche furono tante, soprattutto perché la proposta più importante di Ruggirello prima di entrare nel Pd aveva riguardato una maxi sanatoria sulle coste siciliane.
Nel marzo scorso, la corsa al Senato va a vuoto. Il segnale che Paolo Ruggirello era ormai diventato ingombrante per il Pd. E gli è stata bloccata anche la strada verso le cariche nazionali del partito. Ma lui continuava a tessere la sua trama di alleanze, anche verso altri gruppi, probabilmente in vista di un nuovo cambio di casacca.
“Io sono un uomo che ha sempre cercato l’incontro e mai lo scontro”, continuava a ripeteva nelle sue interviste. “In quasi dieci anni di attività politica sono sempre stato al servizio del territorio”. Un servizio a tutto campo, dice ora l’indagine che ha portato Ruggirello in manette.
(Fonte: Salvo Palazzolo – Repubblica.it)