Sono oltre 200 i carabinieri del Comando Provinciale di Catania ed unità specializzate, che, dalle prime ore del mattino, stanno eseguendo un provvedimento restrittivo emesso dal Giudice delle Indagini Preliminari del Tribunale etneo su richiesta della locale Direzione Distrettuale Antimafia, nei confronti di 19 persone, dirigenti ed affiliate del clan mafioso “LAUDANI”, ritenute responsabili a vario titolo di associazione di tipo mafioso, nonché di associazione finalizzata al traffico e allo spaccio di sostanze stupefacenti, rapina, porto e detenzione illegale di armi, con l’aggravante del metodo mafioso.
Le indagini, coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Catania e sviluppate dal Reparto Operativo – Nucleo Investigativo di Catania, hanno consentito di ricostruire l’organigramma del clan – gruppo di Paternò- articolazione territoriale della famiglia mafiosa “Laudani” considerata una delle più ramificate e pericolose consorterie criminali operante nel catanese, caratterizzata da una autonomia criminale orgogliosamente rivendicata anche nei confronti di “Cosa Nostra” catanese, con la quale, peraltro, non ha disdegnato di stringere alleanze partecipando alle più sanguinose faide degli anni ottanta e novanta, con saldi legami anche con la ‘ndrangheta reggina.
Gli investigatori, in prosecuzione dello sforzo investigativo che portò sempre in quell’area nell’Aprile del 2015 alla cattura di altri 16 soggetti del medesimo gruppo criminale ( per i delitti di associazione di tipo mafioso, omicidio, tentato omicidio ed armi) hanno individuato i nuovi assetti del sodalizio -capi e gregari-, riscontrando un diffuso condizionamento illecito dell’economia locale.
Le indagini avrebbero anche consentito di evidenziare che il responsabile del Gruppo, continuava a reggere dal carcere le fila del sodalizio impartendo ordini e direttive ai sodali in libertà, per il tramite della moglie, del suocero e del nipote di un suo fedelissimo con lui ristretto.
(Fonte: Blogsicilia.it)