Carissimi amici buona domenica a tutti.
La liturgia della Parola della scorsa settimana, 1ª domenica di quaresima, tempo prezioso di conversione e di sincero ritorno a Dio, “con tutto il cuore”, ci ha ricordato che Dio è nostro alleato, dalla nostra parte, sempre: Dio si schiera con il creato e le sue creature, le ama e le custodisce; le cerca e le corregge; le nutre e le accompagna.
La prima lettura di oggi, dal libro della Genesi, si apre però con questa espressione che desta stupore e meraviglia, ma anche preoccupazione: “Dio mise alla prova Abramo…”. Ci chiediamo: ma perché Dio ci mette alla prova? Qual’è il valore della prova? È giusto questo modo di agire di Dio? Cosa ottiene Dio provandoci? Cosa ne guadagniamo? O quali effetti benefici per noi?
In effetti, con tutte queste nostre domande, viene fuori un’accezione per lo più negativa del termine “prova”! Chiariamo, quindi, subito: mai Dio usa, o concede, una prova in senso negativo, ovvero per farci del male, o per distruggerci. La prova ha una forte valenza pedagogica educativa, di crescita umana e di fede: esse possono essere esperienze forti, o drammatiche, o inaspettate, o (a nostro avviso) sproporzionate, se non addirittura immeritate! La prova è un momento, o un tempo, di maturazione: Dio ci chiede di fare un salto di qualità! La prova, in effetti, serve a noi per attestare quello che siamo o diciamo di essere: è un atto di verità! La prova può risultare, se accolta e vissuta con libertà e responsabilità, un tempo privilegiato per capire noi stessi e Dio; per amare quello che siamo e quello che viviamo; per valorizzare il tormento del mondo o le nostre fragilità; per uscire dalle nostre sicurezze e dalla nostra mediocrità; per rilanciare (o rianimare) la nostra vita e fare scelte di senso e di valore.
La perseveranza nella prova produce, con pazienza, la nostra maturità umana e spirituale. Ecco perché San Giacomo scrive nella sua lettera: “Considerate perfetta letizia, miei fratelli, quando subite ogni sorta di prove, sapendo che la vostra fede, messa alla prova, produce pazienza. E la pazienza completi l’opera sua in voi, perché siate perfetti e integri, senza mancare di nulla”.
Nel tempo della prova non siamo soli: Dio ci sta amorevolmente accompagnando, come ha fatto con Abramo, nostro padre nella fede: “Si diranno benedette nella tua discendenza tutte le nazioni della terra, perché tu hai obbedito alla mia voce”.
La voce di Dio, nel brano della Trasfigurazione, ci invita proprio ad imitare Abramo: “Questi è il Figlio mio, l’amato: ascoltatelo!”. Obbedire, come Abramo, significa prestare ascolto, ascoltare. Ascoltare, a sua volta, presuppone di riconoscere Dio come nostro Padre, come nostro amico. Oggi siamo chiamati a rinnovare la nostra volontà di rimanere alleati con Dio… non a parole, ma coi fatti.
Buon cammino di quaresima.
Don Antonino Favata
Cappellano del Presidio Ospedaliero “Abele Ajello”