“Lunedì saremo a Roma”. Con questo messaggio gli armatori e i familiari dei 18 marittimi dei due pescherecci di Mazara del Vallo sequestrati in Libia, hanno annunciato la loro partenza verso Palazzo Chigi. In una lettera indirizzata al Quirinale e ad altre cariche, chiedono un incontro con il presidente del consiglio Giuseppe Conte, riferendo che a partire da domani, lunedì 21 settembre, seguiranno a Roma l’evolversi della vicenda, fino alla liberazione dei pescatori e dei motopesca Antartide e Medinea.
Entrambi sono stati sequestrati la sera del primo settembre a 38 miglia dalle coste libiche, all’indomani di una visita in Libia per suggellare l’accordo tra il presidente del consiglio riconosciuto dall’Onu, Fayed Al Sarraj e il presidente del parlamento di Tobruk, Aguila Saleh. Da allora i 18 pescatori si trovano nel carcere di El Kuefia, a 15 km a sud est da Bengasi.
Sin dall’agguato la vicenda viene monitorata dalla Farnesina e dall’intelligence italiana nel tentativo di liberare i marittimi e i pescherecci.
In questi giorni i familiari dei pescatori sono riusciti a parlare telefonicamente con il capitano del Medinea, Piero Marrone, che oltre a rassicurarli sulla loro condizione, ha chiesto “fate di tutto per riportarci in Italia”. Durante la telefonata, a una domanda dell’armatore del peschereccio, Marco Marrone, dice: “Ci accusano che hanno trovato droga a bordo”. La frase inedita è stata ripresa da un cellulare, durante una conversazione in viva voce, a margine di una diretta televisiva rilanciata ieri dall’Agi. “E’ chiaro che vogliono alzare l’asticella”, dice nella stessa conversazione l’armatore del Medinea, Marco Marrone. Nessuna conferma da parte della Farnesina, che assieme all’intelligence sta conducendo le trattative per il rilascio dei 18 marittimi. I due motopesca dalla sera del sequestro si trovano incustoditi nel porto di Bengasi. Nel corso delle trattative le autorità dirette dal generale Khalifa Haftar hanno chiesto al Governo italiano uno ‘scambio di prigionieri’ con quattro libici condannati in Italia a 30 anni di carcere e tuttora detenuti con l’accusa di essere tra gli scafisti della cosiddetta ‘Strage di Ferragosto’ in cui morirono 49 migranti, in asfissia nella stiva di un’imbarcazione.
Fonte: palermo.repubblica.it