Si tinge di mistero lo scampato sequestro di quattro pescherecci siciliani lo scorso venerdì in acque internazionali, ad 82 miglia dalla Libia. Notizia che abbiamo già dato nelle scorse ore e che stranamente per circa 72 ore è rimasta nel dimenticatoio dell’informazione nazionale e regionale. Chissà perché.
Quattro natanti da pesca hanno rischiato di finire nelle carceri libiche, ripetendosi il drammatico sequestro di tre mesi del 2020.
Sempre di vedette libiche si parla e siamo di fronte alla identica modalità di attacco ai danni dei marittimi siciliani perpetrata da vedette in dotazione dei militari libici e donate dall’Italia per contrastare i flussi illegali di immigrazione.
Ricordiamo che i nomi dei pescherecci coinvolti sono il Vincenzo Ruta di Pozzallo e tre natanti iscritti nel Compartimento Marittimo di Mazara del Vallo: Twenty three, Pegaso Sb e Giacomo Gancitano.
Oltre alla ritardata informazione sull’accaduto, ciò che fa riflettere è come mai a distanza di una settimana dalla visita del presidente del Consiglio dei Ministri italiano, Giorgia Meloni e la firma di importanti protocolli economici tra i due Paesi, ci si ritrovi di fronte ad un atto di pirateria che dalle nostre parti si ripete ormai da oltre settant’anni, senza mai addivenire ad una soluzione.
Sul contenzioso in materia di delimitazione degli spazi marittimi e sulla storia della “Guerra del Pesce”, è interessante il contributo di Giuseppe Messina, che troviamo nel suo ultimo libro ”MediterraneoMar Continente Liquido”
Piero Campisi