Un gruppo di ricercatori italiani ha dato vita a una mano robotica che piega le dita e afferra oggetti con un’efficienza pari al 90% di quella di una mano naturale. Presentata a Roma, la protesi hi-tech è stata realizzata presso il Rehab Technologies Lab, il laboratorio nato nel dicembre 2013 dalla collaborazione tra l’Inail e l’Istituto italiano di tecnologia. Si tratta di un dispositivo che non richiede bisturi ed è più economico di quelli attuali.
La mano è stata chiamata “Hannes” in onore di Hannes Schmidl, il primo direttore tecnico del Centro protesi dell’Inail di Budrio (Bologna) e autore nel 1965 della prima mano controllata dagli impulsi nervosi trasmessi dai muscoli (mioelettrica). La nuova protesi presentata è controllata nello stesso modo attraverso elettrodi, indossarla non richiede un intervento chirurgico e ha dei guanti color pelle in versione maschile e femminile.
Valutata per i Livelli essenziali di assistenza – Il direttore generale per la programmazione sanitaria del ministero della Salute, Andrea Urbania, ha annunciato che la tecnologia sarà valutata dalla Commissione permanente sui Lea (Livelli essenziali di assistenza). Rispondendo alla richiesta del direttore generale dell’Inail, Giuseppe Lucibello, Urbani ha affermato che non appena la mano sarà in commercio “verrà immediatamente valutata dalla Commissione permanente, il cui ruolo non riguarda solo le prestazioni, ma nuovi modi di erogarle: dobbiamo individuare percorsi in tempi certi per valutare utilità, efficacia e sostenibilità di un’idea”.
In commercio dal 2019 – “Abbiamo uno strumento prezioso”, ha detto il presidente dell’Inail, Massimo De Felice, ricordando che “Hannes” ha ricevuto la certificazione CE come dispositivo medico di fase 1. La mano “è pronta per la commercializzazione a partire dal 2019”, ha aggiunto il direttore generale dell’Inail, Giuseppe Lucibello. Il progetto è nato nell’ambito dell’accordo fra Inail e Iit, firmato nel 2013, per lo sviluppo di protesi di nuova generazione. L’investimento è stato pari a 7,5 milioni di euro all’interno di un piano triennale (2013-2015) da 12 milioni.
I movimenti e la presa – La mano robotica, hanno spiegato i ricercatori, è stata progettata in modo che “conformazione e qualità dei movimenti siano il più possibile equiparati a quelli di una mano naturale e che le persone percepiscano la protesi non come un elemento estraneo, ma come una parte di sé”. Le dita possono piegarsi e atteggiarsi in modo naturale anche quando sono “a riposo”. Il pollice, in particolare, può assumere tre differenti posizioni replicando un’ampia varietà di prese: da quella “fine”, che permette di afferrare oggetti di piccole dimensioni, a quella “laterale”, che consente la presa di oggetti molto sottili, fino a un movimento in grado di prendere e spostare anche oggetti di peso elevato.
Il polso – Il meccanismo alla base del movimento delle dita, della forza e del tipo di presa dipende da un sistema differenziale che conferisce al dispositivo la capacità di adattarsi alla forma degli oggetti afferrati e di resistere alle eventuali sollecitazioni esterne. “Il polso in flesso-estensione è in grado di piegarsi e può essere fissato in cinque differenti posizioni”, hanno sottolineato ancora gli scienziati. La mano robotica consente di compiere inoltre il moto rotatorio del polso.
La testimonianza: “E’ cambiato tutto” – “Posso piegare le dita con la forza voluta e cominciare a dimenticare di dover usare sempre la mano sinistra”, ha detto Marzo Zambelli, che nel 2015 aveva sperimentato la mano con tre dita, considerata la prova di fattibilità di una protesi ad alta tecnologia e a costi più accessibili, primo frutto della collaborazione fra Inail e IIt. Con la sua “nuova mano”, Zambelli ha stretto quella del ministro Giuliano Poletti all’incontro di presentazione del dispositivo. “All’età di 16 anni ho subito un infortunio sul lavoro e ho perso la mano destra. Poi, con l’avvento di questo dispositivo, ho cominciato a utilizzare entrambe le mani come se fossi normodotato. E’ cambiato tutto per me, anche il modo di pensare come muovermi”.
La ricerca continua – Il risultato, frutto di oltre dieci anni di lavoro, “è una dimostrazione di come la tecnologia possa aprire grandi opportunità a livello sociale”, ha rilevato il presidente dell’Iit, Gabriele Galateri di Genola. Il punto di partenza della mano robotica è stato il robot umanoide iCub costruito nel 2010 dall’Iit: “Una straordinaria palestra per sviluppare componenti al servizio dell’uomo”, ha dichiarato il direttore scientifico dell’Iit, Roberto Cingolani. “La mano è solo il primo passo, ma sulla stessa base stiamo sviluppando esoscheletri e protesi di braccia e gambe”.
(Fonte: Tgcom24.mediaset.it)