Carissimi, continuo il mio dialogo affettuoso con quante e quanti abitate questa terra, così bella e ricca di storia, e con l’amatissima Chiesa di Mazara, che mi è stata affidata come vescovo. Chiesa e terra da me amate più di me stesso e a cui ora appartengo con tutto me stesso! Sono passato, in questi mesi, dall’incontro dei volti all’incontro delle storie, che si intrecciano con la storia complessa del nostro tempo e del nostro territorio. Una storia che ci appare come quel sepolcro a cui Maria di Magdala si reca «quando ancora era buio, e vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro». (Gv 20,21) Ė il buio delle povertà, che si allargano a tanti che non arrivano alla fine del mese; è il buio di tanto smarrimento, che vivono soprattutto le nuove generazioni incerte sul loro futuro, ma anche gli anziani che si sentono messi da parte e i piccoli che non sempre hanno attenzioni vere che aiutano a crescere; è il buio delle morti in mare di tanti migranti e il buio della mancanza di pietà; è il buio delle mafie, che operano nella notte della disumanità, dell’illegalità e della violenza che disprezza la vita; è il buio delle guerre che uccidono tantissimi innocenti, in Ucraina, ma anche in tante altre parti del mondo. E però, il buio cede il passo al giorno … Diventa mattino, diventa domenica, «il primo giorno della settimana», se lasciamo che ci raggiunga il lieto annuncio di quella morte che ha vinto la morte e avviato una storia nuova e se, aprendoci alla speranza, scorgiamo che «la pietra del sepolcro è stata tolta». Vorrei invitarvi allora a metterci in cammino insieme per cogliere la presenza del Risorto e così dare verità ai nostri auguri pasquali, e a farlo nella sinodalità, nell’aiuto reciproco a partire dalle diverse sensibilità, in un tempo che vuole essere di discernimento per capire dove lo Spirito vuole condurci! Il coraggio dell’amore tenace che corre avanti … Mi colpiscono tanta fede semplice e affettuosa, tante testimonianze di chi silenziosamente continua ad amare e costruire appoggiandosi al Signore, ‘incontrato’ anche quando la notte sembra ancora prevalere. Assomigliano a Maria di Magdala che – come leggiamo nel quarto vangelo – per prima va al sepolcro! Cosa ci dicono tanti ammalati che nella sofferenza restano fiduciosi, cosa ci dicono tanti papà e tante mamme di famiglia che nelle difficoltà della vita continuano con amore tenace? Cosa ci dicono giovani e meno giovani che si impegnano nel volontariato e per la legalità o l’ambiente con grande sensibilità per la custodia della Casa Comune? Mi pare ci dicano che non bisogna arrendersi, che sempre bisogna cercare i segni della presenza del Signore. Vorrei che entrassero sempre più nel nostro cammino per spingerci al coraggio dell’amore, di silenzi eloquenti, parole scarne ma costruttive, dedizioni nelle professioni (dagli insegnanti alle forze dell’ordine, dai magistrati agli operatori sanitari, solo per citarne alcune) e nei servizi ecclesiali (catechisti, animatori della liturgia e della Caritas, delle pastorali familiari e giovanile) che continuano ad andare anche quando è ancora notte, si è stanchi, non si intravede subito un risultato. Un impegno motivato dall’amore che, quando è vero, è sempre eccedente, audace, ostinato, perseverante, feriale! Mi commuove quanto una mamma, costretta a vivere nascosta per aver deciso di non collaborare con la mafia, scrive ai suoi figli, e in qualche modo anche a tanti altri figli: «Cari figli miei, decidere di scrivervi è molto difficile per me. […]. Non lasciatevi mai comprare dal denaro, non permettete a nessuno di calpestare la vostra dignità, regalate la vostra anima solo a Dio, non abbandonate mai i vostri sogni, perseguiteli sempre […] Vi auguro tutta la felicità di questo mondo e che un giorno possiate diventare quello che sentite dentro, seguite sempre il cuore, senza lasciare che i fatti o le circostanze vi influenzino nelle vostre scelte di vita. Regalate sempre un sorriso agli altri, anche se a volte vi viene voglia di strozzarli, è l’unica arma che vi farà sempre vincere». Più lentezza, ma anche più solidità nel camminare insieme Insieme a tanto affetto che apre strade e spinge a non fermarsi rassegnati, c’è anche il passo più lento di Pietro, e con lui della Chiesa nella sua strutturazione organica. Pietro, certo, può dare l’idea di una certa pesantezza rispetto a chi è già andato come Maria e corre più veloce come Giovanni, ma assicura solidità. Ecco che, per fare Pasqua e non solo augurarcela, abbiamo bisogno di un cammino organico di Chiesa, che certo diventa “di resurrezione” nella misura in cui è centrato sulle cose essenziali della fede. Pietro (potremmo dire anche: il papa, i vescovi, i preti) ancora oggi presiedono la comunità per assicurare che affetto e intuito diventino comune ascolto della Parola per portarla poi nella vita e alimentare cammini di fede e di carità e testimonianze coerenti; per assicurare quel compaginarsi della comunità nell’eucaristia, soprattutto domenicale, che ci forma come corpo di Cristo e unisce il cielo e la terra, alimentando una speranza capace di attendere la venuta del Signore e intanto operare con occhi che vedono le necessità dei fratelli e delle sorelle; per allargare gli spazi della tenda nella missione, nel dialogo interreligioso, nell’impegno insieme a tutti gli uomini che cercano la giustizia e la pace. Mi sembra bello riprendere quanto scrivevano qualche anno fa i vescovi italiani sul volto missionario della parrocchia, sul nesso tra ascolto della Parola e testimonianza: «Occorre tornare all’essenzialità della fede, per cui chi incontra la parrocchia deve poter incontrare Cristo, senza troppe glosse e adattamenti. La fedeltà al Vangelo si misura sul coerente legame tra fede detta, celebrata e testimoniata, sull’unità profonda con cui è vissuto l’unico comandamento dell’amore di Dio e del prossimo, sulla traduzione nella vita dell’Eucaristia celebrata. Quando tutto è fatto per il Signore e solo per lui, allora l’identità del popolo di Dio in quel territorio diventa trasparenza di Colui che ne è il Pastore». Perché la Pasqua passi nella vita, rinnovo allora l’invito a dare sempre più spazio e importanza all’esperienza della lectio divina, di una lettura assidua e orante della Scrittura per poter crescere in rapporti di confidenza con il Signore! Sottolineo quanto diventi importante nella pastorale che, sul fare, prevalga l’animare, nella circolarità tra ascolto del Signore, carità in stile evangelico (con al centro la relazione, la visita e l’accoglienza), liturgia che tutto e tutti porta davanti al Signore. E diventano importanti per questo i cantieri sinodali, i cantieri di Betania: insieme a quelli dell’ascolto e della “casa”, ci sono i cantieri avviati sulla legalità e la giustizia; sul dialogo interreligioso e interculturale, e ne avvieremo uno anche sull’educare. L’intuito che aiuta a leggere i segni e così guardare al futuro Ci sono nella “sinodalità pasquale” l’affetto e la prontezza di Maria di Magdala, la lentezza e la solidità di Pietro, ma anche l’intuito e la sapienza di Giovanni. Che rimanda a carismi “intuitivi”, ma anche alla meta comune di questo secondo anno di cammino sinodale: ovvero il discernimento! Penso ad alcuni carismi che aiutano a vedere. Anzitutto i piccoli! I bambini ci aiutano a capire come la cosa più importante sia la verità, l’apertura, la purezza del cuore. Mi ha colpito un bambino che ha detto: «Fanno male al mondo gli uomini accartocciati!». Ascoltiamo di più i nostri bambini, chiniamoci alla loro altezza per scoprire cosa ci rende umani! Insieme ai piccoli ci aiutano a cogliere i segni della presenza del Risorto i testimoni e i profeti, che dobbiamo accogliere nel nostro cammino sinodale con quel criterio che si dava il seminarista Angelo Giuseppe Roncalli quando studiava la vita dei santi: «Non possiamo imitare i santi, dobbiamo apprendere il succo della loro testimonianza e riportarlo alla nostra vita». C’è, soprattutto, una lettura dei segni dei tempi che dobbiamo fare insieme, che deve accompagnare la pastorale e anche l’impegno nel territorio. Per la pastorale diventa importante vivere i consigli pastorali, diocesano e parrocchiale, come pure ogni assemblea e riunione, come occasione di discernimento. Per questo è necessario impostarli bene, farli diventare momenti ordinari di studio dei problemi e di ricerca di piste operative prospettiche. Per trasmettere uno stile anche agli ambiti in cui collaboriamo con tutti coloro che cercano la giustizia e la pace. Penso al campo educativo: papa Francesco più volte è tornato all’idea dei patti educativi. Non possiamo lasciare l’educare a soggetti tra loro separati e tanto meno a modelli aziendali, ma dobbiamo vivere, con chi aiutiamo a crescere, logiche di alleanza tra generazioni e tra famiglia-scuola-territorio (e in esso la Chiesa), con la consapevolezza – trasmessaci da don Bosco e da don Milani, per fare solo due esempi – che l’educazione è “affare del cuore” e necessita dell’«I care» per dare a tutti quelle “parole” che generano uguaglianza e dignità e che fanno camminare “a testa alta”! Penso alle politiche sociali, che l’attuale legislazione affida alla co-programmazione e co-progettazione tra pubblica amministrazione e enti del terzo settore. Penso all’economia, che sempre più siamo chiamati a ripensare nei modelli di fondo, nella prospettiva di un’economia civile e di una finanza etica per mettere al centro il bene e i beni comuni, la dignità del lavoro, la cura della Casa comune che è la Terra! Ecco, carissimi, come il mio augurio di Pasqua vi raggiunge: in questi giorni di festa come segno di grande affetto ma anche, per il mio servizio al Vangelo, come forte e convinto invito a rendere veramente pasquale tutta la nostra vita personale, ecclesiale, civile. Pasqua è più che la “ripartenza” di cui abbiamo tanto parlato per uscire dal covid, Pasqua è rinascita! Faccio mie, per questo, le parole di papa Francesco nella veglia pasquale dell’anno scorso e con queste parole tutti vi abbraccio e benedico: «Facciamo risuscitare Gesù, il Vivente, dai sepolcri in cui lo abbiamo rinchiuso; liberiamolo dalle formalità in cui spesso lo abbiamo imprigionato; risvegliamoci dal sonno del quieto vivere in cui a volte lo abbiamo adagiato, perché non disturbi e non scomodi più. Portiamolo nella vita di tutti i giorni: con gesti di pace in questo tempo segnato dagli orrori della guerra; con opere di riconciliazione nelle relazioni spezzate e di compassione verso chi è nel bisogno; con azioni di giustizia in mezzo alle disuguaglianze e di verità in mezzo alle menzogne. E, soprattutto, con opere di amore e di fraternità». “Cristo, nostra gioia è risorto”: è il saluto pasquale; è l’annuncio della nostra salvezza; è la professione della nostra fede. “Cristo risusciti nei nostri cuori!” E’ l’augurio che ci scambiamo; l’impegno che ci assumiamo, la bella notizia che vogliamo comunicare a tutti, con la grazia, la forza e la pace di Cristo risorto. Buona Pasqua, con l’augurio che ogni pietra che oscura la luce venga rimossa, per far brillare nella vita la gioia e la pace del Risorto.
Mazara del Vallo
V Domenica di Quaresima
Angelo Vescovo
Fonte: diocesimazare.eu